Ne ha fatte di cazzate Bjork. Se sei fortunato, riesci ad assopirti appena mentre ascolti "Selmasongs", lo stesso vale per "Drowing restraint 9". Ha poi pensato che di musicisti con la vena ecologica non ce ne fossero abbastanza e ha impostato il suo ultimo lavoro, "Volta", sul tema della lotta per l'ambiente, realizzando un album che salva pochi buoni spunti ma che per il resto è una mezza chiavica. Scorri la discografia e ti rendi conto che nell'arco della sua carriera i dischi più validi (Eccezion fatta per i live che in qualche modo ti lasciano tutti quell'espressione mista di stupore, incanto e demenza) sono proprio quelli in studio antecedenti al "Greatest hits". "Debut" fu un esordio interessante e sfornò all'epoca singoli stupefacenti ("Human behaviour"), "Post" è una meraviglia pop, "Homogeneic" non è male (e poi "All is full of love" è eccezionale). A chiudere questa serie di opere che non celano il loro carattere ciclico (lo evocano i soli titoli) c'è "Vespertine" che a mio parere rimane il migliore risultato della sperimentazione musicale operata dal folletto dei ghiacci.

"Vespertine" uscì nel 2001 dopo una serie di vicissitudini professionali che la nostra eroina islandese fu costretta a fronteggiare. L'esperienza da attrice sotto la guida di Lars Von Trier in "Dancer in the dark" l'aveva consumata. L'esigenza del regista e l'istrionismo che è alla base del mestiere dell'attore l'avevano obbligata a calarsi nei panni di un personaggio troppo diverso da lei e quindi ad allontanarsi troppo dal suo mondo. Per una tipa abituata a piazzare sulla copertina dei propri dischi sempre un primo piano del suo viso, votata all'egocentrismo, questa esperienza può essere traumatizzante. "Vespertine" nasce quindi dalla voglia di ritrovare sé stessa, il proprio immaginario. E tutto ciò è solo il punto di partenza. "Vespertine" è anche celebrazione della natura, ma non quella materiale che ritroviamo in "Volta". E' la natura intesa come forza costruttiva e demolitrice, come ente divino. I paesaggi abbozzati nel dischi sono ripari nascosti, ambienti vagamente familiari. Bjork si dedica ad un'opera contemplativa, capace di evocare suggestivi notturni e atmosfere sensuali. Non conoscere "Vespertine" significa precludere la possbilità di conoscere fino in fondo l'essenzialità di "Medulla".

Il disco parte e mi convinco che "Hidden place" ne è un sintetico e bellissimo preambolo: Bjork ritorna ad essere la stessa di sempre (lo dicono espressamente i cori, palese riferimento alla sua nordicità) e la musica ha la funzione di trascinare l'ascoltatore in un universo distante facendo uso di testi che riportano alla mente sensazioni di gioia, riti pagani, evidenti richiami alla sessualità. La traccia d'apertura è anche un buon anello di congiunzione fra "Vespertine" e la discografia precedente, dato che da "Cocoon" in poi le cose cambiano per davvero, infatti la canzone presenta un testo d'amore che Bjork canta come se avesse paura di far udire la propria voce e che si snoda su una base elettronica lineare con delle interferenze che ricreano quasi un effetto "vintage". A portare un po' di luce nel continuo imbrunire di questo disco ci pensano gli arpeggi di "It's not up to you", il carillon iniziale dell'introspettiva "Sun in my mouth", la melodia della conclusiva "Unison" e il divertente ritmo di "Undo". "Pagan poetry" è una delle canzoni più inaccessibili che abbia mai scritto e una delle più belle come anche "An Echo, A Stain".

Non è possibile aggiungere altro. Voler spiegare "Vespertine" significa prendere sulle proprie spalle il difficoltoso compito di illustrare Bjork, di aprire le porte verso il suo mondo. Per questo è un album da ascoltare e basta, dal quale lasciarsi portare via delicatamente, dalle cui musiche lasciarsi avvolgere come in un bozzolo, proprio come accade a Bjork nel video di "Cocoon".

Da avere necessariamente.

Carico i commenti... con calma