"Black Tape for a Blue Girl" è il nome della creatura di Sam Rosenthal, mastermind dell'etichetta gothic/dark statunitense Projekt Records.

"The Scavenger Bride" vede la luce nel 2002, confermando l'elevata statura artistica della formazione americana, che a mio parere raggiunge il suo apice con il capolavoro assoluto "Remnants of a Deeper Purity" del 1996 .

Che Rosenthal sia un uomo di esperienza, uno che ci capisce di musica e che ben sa cosa vuol dire stare dietro ad una consolle, questo lo si capisce dalla perfezione formale e dall'eleganza che caratterizzano ogni sua uscita discografica. A colpire sono tuttavia il sentimento e la profonda ispirazione che accompagnano sistematicamente questa perfezione e questa eleganza: sentimento ed ispirazione che difficilmente riscontriamo in chi è solito stare dietro ad una scrivania a promuovere band.

Musica nobile e senza tempo, quella dei BTFABG, espressione di sentimenti universali, storie d'amore sofferte, dolori inestinguibili. Rappresentazioni degne del teatro brechtiano, della poesia schilleriana, della letteratura kafkiana (alla figura di Franz Kafka, peraltro, è dedicato questo "The Scavenger Bride", concept d'amore e dolore che vede al suo centro le pene e le amare riflessioni di una sposa infelice).

Rosenthal, come di consueto, si ritaglia la parte del regista, auto-relegandosi ai synth ed al piano, facendosi carico di musiche e testi, curando suoni ed arrangiamenti, lasciando al suo ensemble il compito di dare consistenza alle proprie visioni.

Ad accompagnarlo troviamo vecchie e nuove conoscenze come Vicki Richards (violino), Elisabeth Grant (viola), Julia Kent (violoncello) e Lisa Feuer (flauto). E proprio nell'armoniosa commistione fra elettronica (vagamente echeggiante la kosmische di Klaus Schulze), umori dark e musica classica sta l'essenza della proposta dei BTFABG, una proposta che certo non sfigura accanto a nomi sacri come Dead Can Dance e Cocteau Twins.

"The Scavenger Bride" si compone di 13 gioielli di arte gotica e drammatica che della letteratura claustrofobica di Kafka non conservano praticamente niente, se non il dipanarsi per sentieri labirintici, imprevedibili, tortuosamente volti ad una assurda conclusione.

Se "Remnants of a Deeper Purity" è stato nei suoi ottanta minuti qualcosa di monumentale, "The Scavenger Bride" rimescola le carte e concentra i peculiari elementi che da sempre contraddistinguono la musica dei BTFABG in uno scrigno meno capiente, ma certamente non meno raffinato ed intrigante.

Una voce femminile (è la stessa Elisabeth Grant a farsi carico delle parti vocali) ed una maschile (diversi gli ospiti chiamati a dare il loro contributo, come Michael Laird degli Unto Ashes, Bret Helm degli Audra, Athan Maroulis degli Spahn Ranch, Martin Bowes degli Attrition e molti altri ancora) si alternano, accompagnati ora da un piano classicheggiante, ora dal suono carezzevole degli archi, ora dalla desolazione di gelide synth, ingegnose nel tessere ariosi fraseggi ambientali.

Qua e là campeggiano percussioni o strumenti acustici, chiamati a contaminare di un vago sentore folcloristico le atmosfere da fin de siécle di cui sono intrise le ballate senza tempo che compongono "The Scavenger Bride".

Salvo segnalare la curiosa scelta di riproporre in un contesto del genere un brano dei Sonic Youth ("Shadow of a Doubt"), mi pare alquanto inutile citare un pezzo piuttosto che un altro: intensi lieder, intervallati sovente da brevi interludi strumentali, si susseguono con grazia e continuità, costruendo passo dopo passo un percorso complesso e perfettamente equilibrato, dove momenti eterei e sognanti si avvicendano a passaggi maggiormente tesi che esplicitano drammi fino ad un attimo prima latenti.

Un plauso ai diversi cantanti, che offrono prestazioni generalmente sobrie, intime, venate da fragile e delicata malinconia. L'opera pertanto, se da un lato va a perdere quei toni da tragedia universale che hanno caratterizzato il capolavoro del ‘96, dall'altro va a guadagnare in scorrevolezza e freschezza, facendosi portatrice fedele degli umori pregni di sfumature e contraddizioni che si agitano nell'animo affranto e gentile della protagonista della storia rappresentata.

Una prova di maturità, quindi, l'intento perfettamente riuscito di focalizzarsi e giocare sui chiaro-scuri, di voler descrivere un sentimento, una storia, un personaggio, lasciando da parte per una volta la tentazione di volersi abbandonare a tutti i costi allo spleen sfacciatamente decadente che è solito animare operazioni del genere.

Il miracolo di "Scavenger Bride" è quindi nel saper dosare e condensare, pur nel suo ermetismo e nella sua sobrietà, la statura monumentale di un capolavoro come "Remnants of a Deeper Purity". Una malinconia mai sopra le righe, una tristezza mai gridata, un dolore mai ostentato: questi sono gli umori che pervadono un album capace di tenere alta la bandiera di una formazione che nell'oscurità continua a macinare ottimi lavori, sempre ispirati e confezionati divinamente.

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