I Blackmore's Night - che non sono un duo ma una band a tutti gli effetti - giungono alla loro quinta pubblicazione, da studio (escludendo il live "Past Times With Good Company" e la raccolta di ballads "Beyond The Sunset"), consci della regolare dedizione data al progetto sin dalla nascita, ma anche del fatto di essere oramai seguiti non solo più dai fedelissimi estimatori dell'ex chitarrista dei Deep Purple nonché mente degli insostituibili Rainbow.

La nuova band del chitarrista di Weston-super-Mare nasce immediatamente dopo la ricostituzione dei Rainbow (ma con l'originale nome di battesimo di Ritchie Blackmore's Rainbow ovviamente) e subito dopo la pubblicazione di "Strangers In Us All" (1995). La musica proposta è prevalentemente acustica e Candice Night non è più la ex corista del "Battle Rages On Tour" o la coautrice del singolo di successo "Ariel", epitaffio alla rilucente carriera dell'arcobaleno, bensì musicista e paroliera a tutti gli effetti di questa nuova creatura musicale.

In questo lavoro come negli altri è possibile ascoltare un genere musicale dai riferimenti rinascimentali, che sarà un punto di attrazione e di ritrovo per tutti coloro che hanno fatto di queste tranquille sonorità una scelta di gusto intelligentemente maturata nella quale sentirsi piacevolmente avvolti e pacatamente protetti. Un disco in cui viene ad essere ripresa in mano con maggior convinzione una ben nota Fender, più che altro brandita per donare una cauta forza alle composizioni dall'aspetto più vivace.

L'andamento popolare di matrice balcanica di "25 Years" fa da cerimoniere a questo nuovo capitolo discografico, tracciando un sentiero musicale in cui è la cornamusa a guidare un canto interiore dove i richiami a suoni orientali completano un brano di immediata presa. La title-track una vera e propria perla, si snoda su di un magico intreccio di note in cui la surreale interpretazione di Madame Candice si incastona alla perfezione come un diamante in un anello. "I Guess It Doesn't Matter Anymore" è un ispirato di esempio di Renaissance Rock in cui una contenuta vivacità elettrica viene a fondersi con lo sviluppo di una melodia, ove il gusto tradizional popolare è sempre presente. Se in "World Of Stone" è l'incessante ritmo dei tamburi e l'ascetico richiamo a Giovanna D'Arco a rendere surreale l'intero brano, a mio avviso ritengo la favoleggiante  "Faerie Queen" una perfetta combinazione tra un'onirica narrazione ed una nostalgica musicalità che riesce a coinvolgere piacevolmente in un estatico ed  illusorio viaggio in un mondo che fu. In ambito covers è "St. Teresa" (dal multi premiato "Relish" del 1995 di Joan Osborne) a ridestarvi, così come la riproposizione in una veste più aggraziata di "Child In Time" farà avvertire il glorioso passato meno distante. L'occasione per prestare ancora un orecchio agli anni trascorsi è "Street Of Dreams" (che fu anche il primo singolo da "Bent Out Of Shape" del 1983 dei Rainbow) che in una delle due versioni proposte, ci concede il lusso di godere nuovamente della raffinata interpretazione di Joe Lynn Turner.

In definitiva un album in grado di superare i discreti "Fires At Midnight "(2001) e "Ghost Of A Rose" (2003) e perciò di competere con l'esemplare esordio che nel Giappone vendette più di 100.000 copie; una nuova ed eccellente proposta per questi nuovi giullari di quello che viene chiamato rock rinascimentale, dove la chitarra del musicista di corte Ritchie serenamente ammalia e seduce, in assenza ed in presenza della mirabile e magica voce di Candice quanto mai adatta nel ruolo di regina incantatrice.  

 

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