Indubbiamente uno dei maggiori gruppi in ambito metal e tra i più influenti per quanto riguarda il filone power, i tedeschi Blind Guardian che con il tempo si sono guadagnati l'appellativo di "bardi" hanno saputo coniugare con naturalezza e capacità lo speed metal e orchestrazioni sinfoniche, creando con gli anni quell'inconfondibile connubio che ha trovato la sua massima espressione nei due capolavori "Imaginations from the other side" e "Nightfall in middle earth". Poi due album criticati, con cui i puristi della band si sono sentiti traditi. "A night at the opera" fu giudicato troppo pomposo e poco metal, "A twist in the myth" additato come un album riciclato da quanto la band aveva fatto in passato. Insomma negli ultimi anni i quattro di Krefeld sono stati accusati di mancanza di idee, songwriting ormai datato, musica non più innovativa. Di tutto e di più. Passati gli ormai consueti quattro anni Hansi Kursch si è convinto che bisognasse tornare a mettere le cose in chiaro e ribadire che i Blind Guardian sono la band più importante del genere.

E' con paura, aspettativa e tensione che mi sono accostato al nuovo lavoro dei teutonici, quel "At the edge of time" anticipato alcune settimane fa dai singoli "A voice in the dark" e "War of the thrones" in versione diversa da quella contenuta su cd. Il nono album in studio dei Blind Guardian suona come deve suonare: in parte si riallaccia a quanto di buono fatto in passato (vedi "Tales from the twilight world" e "Nightfall in midlle earth") e in parte sperimenta elementi che erano soltanto stati accennati.

Partiamo con il dire che "At the edge of time" affascina per la sua completezza: non è certo il capolavoro della band ma forse mai come questa volta troviamo all'interno del platter diverse influenze non presenti nei dischi precedenti. Omogeneità e diversità allo stesso tempo, grazie alla grande capacità dei quattro membri di creare quell'universo parallello "dove tutti i mondi esistono contemporaneamente" (Hansi Kursch).

E' per questo motivo che il nuovo lavoro si posiziona al di sopra di "A twist in the myth" e alla pari di un album come A night at the opera, che nonostante le critiche ricevute rimane un piccolo capolavoro ancora tutto da scoprire. Scoprendo invece le tracce contenute del disco si rimane subito piacevolmente sorpresi dalla mini suite iniziale "Sacred worlds" elaborata su massicce orchestrazioni, improvvise sfuriate power e altrettanto improvvise decellerazioni. La voce di Kursch rimane inconfondibile e contribuscie a rendere tutto più appetibile all'ascoltatore, sebbene la potenza vocale non sia quella di quindici anni fa. Dopo questo brano abbastanza cadenzato ecco giungere la prima vera power metal song in tutto e per tutto: "Tanelorn (Into the void)" ci riporta ai fasti di "Somewhere far beyond".

L'album va così avanti tra un song "sperimentale" e una più speed/power. La terza traccia, "Road of no release", è aperta da una dolce melodia di pianoforte su cui si adagiano con solennità i vari strumenti e la voce di Hansi, che contribuisce a dare alla luce una delle migliori canzone dell'intero lavoro. "Ride into obsession" segue quell'alternanza su descritta, presentandosi come la più violenta e immediata del disco, mostrandoci come nonostante tutto la potenza della band è rimasta inalterata. Discorso a parte invece per la ballad "Curse my name" dal ritmo medioevale, impreziosita da un ottimo lavoro del drummer Frederik Ehmke questa volta all'opera con il flauto e dalle inserzioni folk della chitarra acustica di André Olbrich. E' proprio questo il punto forte dell'album: l'unione di sonorità tanto care al gruppo, quì impostate in modo da creare delle song "fresche" e piacevoli fin dal primo ascolto. Da citare inoltre la seconda ballad "War of the thrones" più sentita della prima e impreziosita da un chorus da cantare a squarciagola davanti ad un bel boccale di birra. Allo stesso modo "A voice in the dark" soddisfa l'ascoltatore se non altro per la ventata di potenza che porta con se. Chiude il lavoro un'altra mini suite intitolata "Wheel of time" altro concentrato di melodia ed aggressività, con una stupenda parte centrale in stile "egiziano".

I Blind Guardian si riaffacciano sul mercato discografico con un'uscita degna del loro nome, dando alla luce un album di sicuro impatto che a parere di chi scrive sarà capace anche di portare alla corte dei bardi di Krefeld nuovi fans. At the edge of time risolleva la band dopo il mezzo passo falso di "A twist in the myth" e ci riconsegna un gruppo capace di trasportarci in un mondo diverso da quello in cui viviamo. Un paradiso fantastico in cui magia, sogni e incubi si fondono insieme a creare qualcosa di esoterico ma allo stesso tempo ammaliante...

1. "Sacred Worlds" (9:19)
2. "Tanelorn" (5:58)
3. "Road Of No Release" (6:30)
4. "Ride Into Obsession" (4:47)
5. "Curse My Name" (5:49)
6. "Valkyries" (6:34)
7. "Control The Divine" (5:25)
8. "War Of The Thrones" (4:55)
9. "A Voice In The Dark" (5:41)
10. "Wheel Of Time" (8:56)

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