Ad essere onesto, non è che ci fosse questa gran voglia di vedere i Blonde Redhead. L'improvviso cambio di idea è arrivato non appena ho scoperto che Mauro era stato scelto (dai BR stessi) come opening act per il loro tour europeo; e allora il minimo che potevo fare era andarlo a vedere, non fosse altro per ricordare di quando (una decina di anni fa) suonava in improbabili festival in provincia di Roma o in ex fabbriche abbandonate. Così in questo suo progetto solista (in tutti i sensi: a fargli compagnia sul palco tastiera, drum machine e una chitarra elettrica collegata a delay e loop) ha messo da parte le influenze classiche e jazz di un tempo per una mezz'ora di elettronica stratificata e dissonante, con passaggi quasi trance, nella quale però non viene persa di vista la forma canzone. Aspetto il disco in studio, il singolo è previsto per novembre.

Chiusa questa parentesi semi-nostalgica, passiamo al piatto forte della serata. I Blonde Redhead confermano che la strada intrapresa già da qualche anno è senza ritorno: smussate le asprezze chitarristiche per un suono più morbido, ma anche più elaborato (anche troppo, come testimoniato dalla produzione degli ultimi due dischi), si compie il passo successivo, vale a dire la progressiva estromissione della sei corde (a favore di tastiere e sintetizzatori).
Il risultato è una prestazione un po' fredda ma formalmente impeccabile. Ogni cosa è al posto giusto, dalla voce di Kazu (le sue stecche al concerto romano di sei anni fa sono un lontano ricordo...) fino al drumming raffinato ma non lezioso di Simone Pace (il vero fuoriclasse del gruppo, a parere di chi scrive). Almeno a giudicare dalla partecipazione del pubblico, i nuovi brani perdono nettamente il confronto col quelli del passato appena recente: il nuovo singolo Here Sometimes non ne esce poi cosi' malaccio, ma i momenti da annotare sono stati altri: 23, Falling Man (davvero il vertice dell'esibizione), una Dr Strangeluv mai cosi' groovy; e perfino un brano abbastanza loffio come SW, la cui versione su disco è affondata da una produzione a dir poco pesante, riesce a fare - concedetemi il termine tecnico - la sua porca figura.

In definitiva, lo ricorderò come un concerto senza infamia, ma soprattutto senza lode. Sono  ancora un gruppo piacevole da ascoltare, ma posso perfettamente comprendere i dubbi di chi, memore di come suonavano 15 anni fa, se li ritrovasse sul palco adesso.

Per i fanatici, segue la scaletta della serata:
Black Guitar / Here Sometimes / Spring and By Summer Fall / Dr. Strangeluv / Love or Prison / Will There Be Stars / Oslo / Falling Man / 23 / SW / Not Getting There / (We Are A Real Team ) Harry & I / Penny Sparkle

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