Insomma, c'era questo amico che chiamavamo Giorgio il Capitano Jackson.
Ha sempre abitato in quella zona al limite della legalità fatta di indigenza, colpi di testa, lavoretti e grandi bisbocce.
Non avendo mai avuto vergonga nè paura di niente ha sempre suscitato la mia più profonda riconoscenza.
È un mio punto d'onore essere considerato suo amico, soprattutto da quando è iniziato un lento processo di emarginazione nei suoi confronti da quei pidocchiosi che si dicono da soli di essere "i normali".

Avete presente quando Nello canta:

I mean was he a heavy doper
or was he just a loser?
He was a friend of yours.
What do you mean,
he had bullet holes
in his mirrors?

Ecco.

Se mai dovessi pensare a un genere di persona che, oltre a Dylan, potrebbe essere un interprete credibile di queste canzoni non posso pensare che a qualcuno come lui.
Certo coraggio può nascere solo dalla miseria e dall'emarginazione.
Certe passioni le puoi vivere solo da outsider.
Certe invidie le può suscitare solo chi non ha niente.
Solo chi è stato un fuorilegge può essere un giudice pietoso.


Comunque, giusto per non essere accusato di volere parlare solo dei cazzi miei, mi dilungherò un po' nel parlare di questo disco cercando di essere il più didascalico possibile.

Succede che a inizio anni '90 anche uno come Dylan si è stufato di fare cagare.
Succede che a un certo punto anche il più prolifico degli artisti si rende conto che l'asticella dell'innovazione non riuscirà più a spostarla in alto.
In questi casi un sacco di persone tornano a casa loro, rifugiandosi in quei dolci piaceri reazionari che ci ricordano la nostra infanzia.
Però non tutte queste persone fanno Bob Dylan di nome.

Perchè tutto si può dire di lui (e in effetti tutto si è detto, e questo non fa che attestare quanto sia smisurato il suo talento) tranne che non abbia veramente amato in maniera viscerale e sincera i suoi maestri.
Quindi da inizio anni '90 Bob intraprende questa strada di ritorno a casa che costituisce ad oggi l'ultima espressione della sua arte.
Questo "Good as I Been to You" è il primo passo di questo cammino.
È un semplicissimo disco voce e chitarra in cui il nostro si confronta con una dozzina di canzoni senza tempo, la maggior parte delle quali sta a cavallo tra '800 e '900.

Io personalmente a volte sono in grado di emozionarmi con questo genere di canzoni.
Hanno quella semplicità ruspante che ho intravisto di sfuggita solo nei miei primi anni di vita quando venivo cresciuto da persone ormai senza tempo e le mie mani sapevano di terra. Trasudano un'umanità ormai estinta e una voglia di vivere che solo chi deve combattere tutti i giorni per sopravvivere può avere conosciuto.

Assurde storie d'amore ("Canadee-i-o"), vendette feroci ("Frankie & Albert","Jim Jones"), la miseria ("Hard Times", "Diamond Joe"), smargiassate come mi dicono si usassero una volta ("Arthur McBride").
La mai troppo celebrata voglia di mandare la propria vita a puttane e fuggire verso un orizzonte di incertezze ("Blackjack Davey").
Una dolcissima canzone d'amore come "Tomorrow Night".

In questo disco e nel suo gemello dell'anno dopo Dylan pulisce casa.
E si prepara per quel capolavoro sensazionale che lo rimetterà definitivamente sulla mappa.

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