Musica & Cinema: un binomio rischioso, spesso difficile. Le colonne sonore di Vangelis ("Blade Runner", "Momenti di gloria") sono indubbiamente molto belle; le colonne sonore di Guccini e De Andrè, per quanti immensi cantautori, sono spesso noiose e dimenticabili ("Signore e signori buonanotte", "Ilona arriva con la pioggia": quest'ultimo film contiene "Smisurata preghiera" non fra i vertici della coppia De Andrè-Fossati). Insomma, comporre una colonna sonora è difficile e pericoloso. Lo sa bene Bob Dylan, o meglio, crede di saperlo. Dopo aver interpretato il personaggio di Alias nel bellissimo "Pat Garrett & Billy the Kid", Dylan viene incaricato da zio Sam Peckinpah di comporre una colonna sonora fiabesca e agrodolce. Dylan, da principio, sforna un capolavoro: "Knockin' on Heaven's Door", poi un paio di buone canzoni, infine alcune trascurabilissime musiche molto simili a certe ballate italiote stile Angelo Branduardi. Il risultato è un disco anomalo, di buona fattura, eppure non travolgente: "Pat Garrett e Billy the Kid" è un album capriccioso, un pò melenso, a tratti persino noioso.

Dylan infarcisce l'album con ballate tipicamente western a lui poco congeniali, sfodera un impressionante partitura di violini e utilizza, senza troppa convinzione, chitarre melodiche e chitarre elettriche. Il risultato, intendiamoci, non è disprezzabile: metà dell'album è più che interessante, il problema è l'altra metà. Se si esclude il meraviglioso capolavoro "Knockin' on Heaven's Door", e alcune buone ballate tra cui spicca "Billy", il resto è pomposa musica fine ottocentesca con assoli chitarristici non propriamente devastanti. Ingiusto comunque, sarebbe inveire contro Dylan. "Pat Garrett e Billy the Kid" è solamente un curioso intermezzo forse poco riuscito, in cui Bob si prende una pausa dopo i trionfi di "Like A Rolling Stones" e "Just Like A Woman". Inutile negare comunque che la fase di declino artistico è ormai in pieno svolgimento: "Desire", datato 1976, sarà l'ultimo grande colpo di coda di un artista geniale che, per tutti gli anni Sessanta, fu un profeta, un rocker, un apripista, uno Springsteen più maturo e più coraggioso. Con buona pace del Boss e dei tanti fans sparsi per il mondo.

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