1962: Papa Roncalli convoca il Concilio delle Fedi e promulga la "Pacem in terris"; in Italia Fanfani forma il primo governo con apertura a sinistra; Kennedy governa saldamente in Usa un anno prima della definitiva perdita dell'innocenza; il muro di Berlino compie un anno; Elvis Presley è il re del rock; i Beatles esplodono definitavamente con "Love me do".

Politica e affari sporchi sono all'ordine del giorno (in verità, oggi come ieri), i giovani cominciano ad emanciparsi (ma la strada che porta al '68 è ancora molto lunga) e in Vietnam la guerra esplode definitivamente. Sembra uno scenario apocalittico, e forse lo è. Vietato sconvolgere le masse: il popolo bue non può e non deve essere aizzato. Eppure, nonostante leggi e divieti, in Usa un giovane ventunenne con chiari lineamenti europei, tale Robert Zimmermann, conosciuto col nome di Bob Dylan, decide che forse è ora di cominciare ad aizzare le masse.

"The Freewheelin' Bob Dylan" è un disco che entrerà nella storia al di là dei propri reali meriti. A onor del vero Bob Dylan non era proprio un mezzo sconosciuto: aveva già inciso un album, "Bob Dylan", ma il successo era stato magro e ostile. E' tutto qui, rinchiuso in un pugno di canzoni, il Bob degli esordi: chitarra, armonica e voce. Prima della criticatissima svolta rock (1965) e dopo la naturale fase adolescenziale. Eppure, a onor di cronaca, non si ricorda nel mondo musicale americano ed europeo un esordio tanto contestato quanto fulminante. Il giovane Bob non è un ingenuo: è un giovanotto maturo, coscientemente critico e politicamente schierato, bolla come vergognosa (e ci mancherebbe altro) l'impresa made in Usa in terra vietnamita e chiede, malignamente, quando il mondo potrà fare a meno di vivere combattendo.
Più che "Blowin In The Wind", è "Master Of War" il vero caposaldo di questo felicissimo album (quasi) d'esordio. E' un brano semplice, abbastanza lunghetto, indubbiamente molto inquietante. Dylan usa l'arma della durezza per macerare, in un sol colpo, sogni e illusioni di un America tristemente votata alla morte e alla sconfitta. Se avessimo (e avessero) ascoltato un pò di più il saggio Bob forse il sogno americano non si sarebbe infranto così duramente.
Comunque impossibile non recensire "Blowin In The Wind", classicone sempreverde che, attraverso una serie di domande di indiscutibile efficacia, centra il proprio bersaglio: metterci di fronte all'orrore del mondo e, se possibile, prima di cambiarlo almeno capirlo. Dov'è la risposta? E' nel vento. Mai botta e risposta fu più incisivo.

Degna di nota anche l'ottima "A Hard Rain's Gonna Fall": parole durissime che si scagliano contro un mondo che purtroppo non abbiamo scelto e che, purtroppo, non scegliendo abbiamo in parte creato.
Al di là di alcune perle di indubbia efficacia, l'album è povero di musiche e profondità sonore. Solo nel 1964 grazie allo straordinario "The Times They Are A Changin" Dylan, malgrado le solite pecche musicali, riuscirà ad essere incisivo dall'inizio fino alla fine dell'album. Per il momento è solo un fenomeno: un fenomeno di altissima purezza (la classe, è chiaro, arriverà con la completa maturazione anagrafica).


  • CoolOras
    21 mar 06
    Recensione: Opera:
    Mandane a bomba!
  • Fagen85
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    Guarda, ho visto solo il voto, lascia perde...
  • Enrico Rosticci
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    Complimenti vivissimi per l'excursus storico iniziale, una volta tanto non fine a sè stesso ma utile per comprendere la struttura sociale di un periodo che spesso ha incarnato nelle note dei grandi artisti delusioni, amarezze e piccole gioie.
    Condivido il giudizio sull'album, che mi è parso distaccato ed obiettivo. Pur scrivendo di generi leggermente diversi riesco ad apprezzare moltissimo la capacità critica di questo ottimo recensore. Bravo.
  • Lewis Tollani
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    serviva proprio, ce n'erano solo altre due... speriamo che papa Ratzinger non si senta offeso e ti mandi al rogo
  • Night87
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    Anche a me è bastato il voto
  • Grasshopper
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    E' vero che i contenuti musicali di questo disco non sono eccelsi, "Blowin' in the wind" a parte, ma la sua importanza storica (in pratica è l'atto di nascita della canzone d'autore) e la bellezza dei testi (alcuni sono delle vere poesie) ne fanno comunque un capolavoro.
  • Night87
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    Sono d'accordo con te Grasshopper, ma questo è comunque un disco da 5
  • Hal
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    Secondo me la critica alla profondità musicale ha poco senso, inoltre non capisco cosa significhi che questo disco è entrato nella storia "al di là dei propri meriti". Dylan arrivava dal mito di woody guthrie ... non so. Per il resto su questo disco avevo già detto la mia nelle recensioni gemelle. Ciao
  • Alfredo
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    3 a questo di Bob Dylan? ma stiamo scherzando?
  • antimo_d
    22 mar 06
    Recensione: Opera:
    beh, beh, beh.... una citazioncella per 'don't think twice, it's allright', però... è praticamente una delle mie canzoni preferite di Dylan, forse LA preferita...
  • antimo_d
    8 apr 06
    Recensione: Opera:
    riascoltato oggi... beh, è l'lp più 'fresco' di dylan che ho ascoltato, riallineo il voto a quello quello che avevo dato anche sulla rec. di ..caz..
  • Viva Lì
    13 giu 06
    Recensione: Opera:
    Ribadisco: dare 5 a questo disco vorrebbe dire dare 15 ad altri, vedi ad esempio "Highway 61 Revisited". Comunque, tutti sono liberi di esprimersi, però io, a parte qualche bellissimo brano, non ho sentito un Dylan così effervescente, gli preferisco molto di più il successivo "The times they are a changin", più rabbioso, meno arzigogolato. Ipse Dixit.
  • Seb
    16 giu 09
    Recensione: Opera:
    merita di più... sia come voto che come recensione...
  • Senmayan
    12 dic 09
    Recensione: Opera:
    sono d'accordo con Poletti, le canzoni storiche non mancano in quest'album, i testi sono già di alto livello, ma la vera svolta musicale, la completezza, l'immortalità musicale la raggiungerà solamente quando comincerà ad imbracciare la chitarra elettrica (più o meno con bringin it all back home, per me il suo primo vero capolavoro). Pero meno di 4 non gli do!

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