“Cari John, Paul, George e Ringo, sono un bravo ragazzo e lavoro duro, chissà se un giorno potrò essere il quinto Beatle. Il vostro amico Bobb”.

Nel crepuscolo dei ’70 Bobb è un ragazzo di Marlborough, nel Massachusetts.

Vive e va a scuola nel Massachusetts.

Ed ha una band, lì nella sua scuola del Massachusetts.

Si chiamano “Bond” e dureranno poco più di un attimo.

Ma Bobb non si arrende, vuole suonare, diventare famoso, essere un musicista affermato, avere una band ed andare via per sempre da Marlborough, nel Massachusetts.

Così si chiude in camera con la sua chitarra, un piccolo synth e poco altro. Riarrangia le canzoni dei “Bond” e qualcos’altro lo scrive in quei giorni.

Canzoni che profetizzano disastri e si nutrono di morbose visioni adolescenziali oltre l’adolescenza, che parlano dell”Iron Curtain Innocence” (titolo splendido). Che fluttuano in un un’atmosfera inquietante e vagamente malsana, guidate da una strana voce ambiguamente androgina, sommersa da riverberi, feedback e misteriosi rumori. Dove c’è tutto tranne che l’innocenza. Un monologo di Molly Bloom ad occhi aperti. Ma è una Molly affetta da regressione patologica.

Una richiesta d’aiuto: “per favore, fatemi essere il quinto Beatle, prendetemi con voi….”.

Bobb ne riesce a far stampare giusto qualche centinaia di copie (300 o 500), pagandole praticamente di tasca propria e le infila in una copertina pazzesca: lui, un mare di riccioli biondi, la faccia da ragazzino, gli occhi fissi e stranianti, un’espressione indecifrabile ed angosciante, seduto su di uno sgabello, il nulla dietro, la sua chitarra sulle gambe ed un mitra (un mitra!) in mano.

Sul retro, quel messaggio ai Beatles.

Passano poche settimane dall’uscita di “Iron Curtain Innocence” e Mark David Chapman suonerà cinque colpi di campana a morto sulle illusioni di una generazione e renderà impossibile il sogno di tutti i Bobb Trimble: i Beatles non potranno mai più essere in cinque.

E quella dedica e quella copertina ora assumono un valore sinistro.

Ok, Bobb non sarà un Beatle ma non rinuncia al suo sogno di avere una band.

La nuova band si chiamerà “Kidds”, e non è un nome scelto a caso.

I “Kidds” sono davvero ragazzini. Ragazzini di dodici e tredici anni ai quali Bobb insegna a suonare e che cerca di portare in giro a fare concerti, perché “la purezza è nell’infanzia” – pensa Bobb.

Ma commette due errori.

Il primo è di non immaginare la reazione dei genitori dei suoi “Kidds” i quali, infatti, dopo poco tempo intervengono per allontanare i propri figli da quello strano tipo che in concerto si presenta con delle orecchie da coniglio. Così Bobb ci riprova con “The Crippled Dog Band” i cui componenti –stavolta– di anni ne hanno quindici.

Inutile dire come andrà a finire.

Il secondo errore, ben più grave, è quello di confondere l’infanzia con l’adolescenza e la pre-adolescenza.

L’infanzia è il tempo, serissimo ed impegnativo, del gioco. L’adolescenza è la Terra dei Mostri e dei Desideri Senza Nome. Non esiste purezza nell’adolescenza.

Ma Bobb riesce, comunque, a registrare il materiale per un secondo disco, “Harvest of Dreams”, che verrà pubblicato nell’83, anch’esso in una “private press” di qualche centinaio di copie. Anche stavolta con una copertina strana ed inquietante in cui Bobb fissa una capra con un misterioso corno in testa. Ma anche questa volta nessuno, in pratica, si accorge di lui.

E Bobb si perde

Eppure “Harvest of Dreams è ancora più bello e più strano di “Iron Curtain Innocence”.

Canzoni che vivono di una impossibile normalità. Bobb le ha chiare in testa, lì sono precise, definite, corrette; ma quando escono dagli strumenti si deformano, si arricchiscono di rumori, effetti, urla, gemiti, voci di bimbi, squarci di altrove. Persino due minuti e tredici secondi di silenzio, posti al centro della prima facciata a titolo “The World I Left Behind”.

La stessa impossibilità di essere normali e lo stesso disperato bisogno di essere normali che io sento in Syd o Sly, in Skip o in Julian.

E’ come, ecco, ti è mai capitato di svegliarti in una stanza d’albergo, in una città sconosciuta. Da solo, in quell’attimo in cui non ti ricordi perché sei lì. Quella sottile angoscia, la deformità di contorni normali e abituali ma sconosciuti, quell’attimo in cui ti chiedi dove sei e che ci fai lì?

Poi ti svegli.

Ecco, così suonano i dischi di Bobb Trimble.

Ma solo in pochi lo sapevano, e pochissimi lo sapranno per quasi vent’anni. Poi i suoi dischi prendono a girare tra le persone giuste, capitano tra le mani – tra gli altri – di Ariel Pink e Thurston Moore, comincia il passa-parola, le copie di “Iron Curtain Innocence” arrivano ad essere valutate oltre i 1500 dollari.

Intanto, nel 1995, la Parallel World dà alle stampe “Jupiter Transmission”, una compilation con brani dei due dischi. Nel 2002 appare “Life Beyond The Doghouse”, via Orpheus Rec., raccolta di materiale inedito di vario tipo: demos, scarti ed altro, risalenti al periodo successivo ad “Harvest Of Dreams”.

I tempi sembrano ormai maturi perché il mondo si accorga di Bobb. La Secretly Canadian, nel 2007 ristampa i due LP con aggiunta di materiale extra (tre versioni demos – abbastanza inutili - di canzoni presenti nel disco per “Iron Curtain Innocence” e un demos ed alcuni pezzi inediti della Crippled Dog Band – questi si, interessanti – per “Harvest Of Dreams”), tira a lucido le registrazioni, cura il packaging e distribuisce in tutto il mondo.

Ma, anche questa volta, se ne accorgono solo in quattro gatti. Quattro gatti fortunati.

Nel 2009 appare un 45 giri con due pezzi tratti dai due dischi di Bobb. Nel 2011 la Yoga Rec. Trova e stampa altro materiale di Bobb con la Crippled Dog Band e lo intitola “Crippled Dog Band”, appunto.

E, intanto, che fine ha fatto il signor Trimble?

Fino ad un paio di anni fa suonava in giro con un gruppo, i “Flying Spiders”. Ora non più, sembra, ma non lo so con certezza.

In realtà non ho idea di dove sia e cosa faccia, oggi, mr. Trimble.

Ma so dov’è Bobb.

Bobb si è perso, è nel Paese delle Meraviglie. Cerca l’uscita di un labirinto. Ma non è solo, lì ci sono Syd, Skip, Sly, Julian ed altri fantasmi.

Perché non tutti hanno avuto il culo di Alice.

Non tutti hanno ritrovato la strada di casa.

-Ciao Brucaliffo, se passi da queste parti, sappi che ho ancora con me i quattro talleri che ti debbo.-

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