Obiettivo: muovere, divertire. Raggiunto: sì.
Ulteriori discorsi potrebbero anche essere superflui per "Player of the Year", ma per amor di descrizione e di chiacchera aggiungo due parole a raccontare un po' di più.
Il primo pensiero, il più ovvio: Parliafunkadelicment. NON E' la stessa cosa. Sebbene la Rubber Band nasca in quel gruppo (?) crew...famiglia formata dai membri dei P. e dei F., c'è da dire che il sound dei dischi di Bootsy non possiede la freschezza propria dei "fratelli maggiori" (definizione puramente funzionale...a capisse, insomma). Un punto a sfavore, indubbiamente. Che però non si rivela decisivo ai fini della riuscita dell'album; "Player of the Year" funziona, ha groove, belle melodie, arrangiamenti non rivoluzionari ma efficaci, voci sguaiate e improbabili citazioni integrate in maniera intelligente. Ovvero i più importanti punti di forza della Bootsy Band.
La sua forza è quella di riuscire a trascinarti nel groove pur senza essere appariscente. Sembrano bestemmie frasi simili, riferite a Sua Maestà l'Appariscenza, Collins Bootsy [copertina vedasi]. Ma qui il pazzoide col basso a forma di stella crea il vortice senza la pienezza dei Parliament e la distorsione dei Funkadelic. Che poi rimanga pieno di sé, montato ed egocentrico, sono problemi che riguardano più la sua donna che noi.
"Bootsy? Player Of The Year" (1978) non coinvolge cervello+chiappe come sempre fa George Clinton, non così lontano dal plausibile quando strilla che in principio era il funk. No, qui a muoversi sono solo le chiappe. Però obiettivo raggiunto, il resto è solo filosofia, animismo e riflessione, tutta roba lontana da questo album.
1. Bootsy What's The Name Of This Town
2. May The Force Be With You
3. Very Yes
4. Bootzilla
5. Hollywood Squares
6. Roto-Rooter
7. As In "I Love You"
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