Boss Hog

Se fai la ricerca su un browser di Internet esce fuori il boss di Hazard. Un grassone vestito di bianco con il sigaro in bocca, un bel ricordo anni ‘80 soprattutto per Daisy la cugina di Bo e Luke che si facevano gioco dello sceriffo scemo del villaggio.

Un salto nel passato i Boss Hog ce l'hanno regalato la scorsa sera in un Magnolia non proprio stipato come lo era invece stato poche settimane prima per altri strani figuri, ormai  icone del rock italiano (Il Teatro degli Orrori). Pubblico attento, presente, interessato sia all'avvenenza di Christina ma anche a una macchina garage da paura su cui, su tutti, Lui, Jon Spencer nonché fortunato compagno della venere dell'underground newyoorkese. Prima di loro 3 ragazze finlandesi ad aprire il concerto: Le Micragirls armate di chitarra, batteria e hammond. Sembrano le figlie di Lux Interior geneticamente modificate dai Ramones: chitarre fuzz, beat monotono ma potente, inserti e divagazioni western. Alla fine esce un mix piacevolissimo, pezzi che potrebbero entrare a pieno diritto in un film di Russ Mayer ma senza maggiorate. Insomma sano e onesto rock'n'roll

L'ambiente sixties della serata viene in qualche modo sostenuto dai Sonics, da Wooly Booly che scorrono piacevolissimi mentre i nostri si preparano DA SOLI il palco.

Finalmente, esce lei. Bellissima. Vestita completamente di nero: pantalone e stivali alti di pelle, maglietta leggermente scollata e i suoi magnifici capelli lisci corvini esaltati da un viso straordinario e da due labbra incorniciate dal rossetto. Fascino allo stato puro. Un incrocio tra Lady Kier dei Dee-Lite per stile e Shirley Manson dei Garbage con la differenza che rispetto a quest'ultima non cerca ammiccamenti gratuiti per nascondere la sua assoluta mediocrità. Christina ha una gran voce, potente, aggressiva e suadente come nel tormentone di "I Dig You" o nel momento in cui il rock si trasforma in erotismo o forse viceversa: "I Idolize You". Un set assolutamente perfetto, costruito a blocchi di tre pezzi (dove c'è spazio per tutta la loro discografia francamente un po' misera in termini numerici 3 disci più qualche EP in quasi 15 anni), ma non di qualità. Drumming potente, con un rullante secchissimo microfonato dal basso e sostenuto da Jens Jugursen che come quasi tutti i bassisti non cede un sorriso, un gesto di coinvolgimento: freddo.

E così il punk di "Winn Coma" e "Green Shirt" diventa garage con "Sky Bunny" o "Defender" per poi trasformarsi in psycobilly con "Whiteout" . La summa di tutti i cofanetti Nuggets condensata in un'ora e un quarto di sano sudore.

Il rock nelle sue varie divagazioni esiste ancora ed è in splendissima forma.

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