Diretto dal bravissimo regista Brad Anderson ("Session 9", "The Machinist", "Transsiberian", "Vanishing On 7th Street"...) “Stonehearst Asylum” (2014), riprendendo alcune temi di “Shutter Island” di Martin Scorsese (2010) e una certa allegoria grottesca nello stile di “The Wicker Man” della coppia Anthony Shaffer/Robin Hardy (1973) è un film che ci introduce in maniera originale in un viaggio nel meraviglioso e spettacolare mondo della psiche umana. Il film è un adattamento di Joseph Gangemi di un racconto breve del grande Edgar Allan Poe intitolato "The System of Doctor Tarr and Professor Fether" e pubblicato la prima volta nel novembre del 1845.

Siamo in Inghilterra il giorno della vigilia di Natale del 1899 e un giovane psichiatra di nome Edward Newgate (Jim Sturgess) arriva allo Stonehearst Asylum (praticamente un manicomio) per prendere servizio. Al suo arrivo viene accolto dal soprintendente Silas Lamb (Ben Kingsley), che si rivela da subito una personalità eccentrica e con idee originali nel campo della scienza medica e psichiatrica (che come possiamo oggi asserire con cognizione di causa sono state nel tempo passato oggetto di pratiche che si possono definire come dei veri e propri orrori) che consistono nel praticare nessun particolare trattamento al paziente e di assecondarlo nei suoi comportamenti. Del resto, spiega, se un uomo conduce una esistenza felice pensando di essere un cavallo, allora perché mai bisognerebbe farlo soffrire cercando di farlo essere qualche cosa che invece lo renderebbe infelice. Inoltre secondo quelle che sono le sue decisioni c’è un rapporto diretto o meglio quasi una commistione e un interscambio tra il personale della struttura e i pazienti che praticamente condividono ogni tipo di esperienza di vita comune. In questo contesto il giovane si innamorerà immediatamente della bellissima Eliza Graves (Kate Beckinsale). Certo che ella non abbia alcun motivo di stare lì, preso dalla passione cerca di convincerla a andare via con lui, ma sarà invece proprio Eliza a dirgli che scappare è impossibile e metterlo in guardia sulla vera natura dello Stonehearst Asylum.

In un crescendo di tensione e visioni allucinate, la storia si evolverà in una maniera inaspettata: Brad Anderson è bravissimo a non scoprire le carte fino a un finale carico di scene allegoriche e dal forte contenuto simbolico. Ma non aspettatevi nessuna retorica: il film non nega affatto l'esistenza delle malattie mentali né intende applicare quel principio falso buonista secondo il quale alla fine saremmo tutti sani oppure tutti quanti matti a seconda della situazione: se pensi di essere un cavallo non è vero che sei felice, ma evidentemente sussiste una conditio che va individuata e eventualmente curata perché quella "felicità" non può che costituire solo una copertura a ragioni profonde e dolorose.

Spicca in un cast d'eccezione (Brendan Gleeson, David Thewlis, Michael Caine...) il bravo Jim Sturgess, ma soprattutto domina incontrastato Ben Kingsley, il cui personaggio è la figura chiave attorno a cui gira l'intero storia. Un film tanto bello quanto allo stesso tempo stimolante sul piano di considerazioni relative la natura umana che - tanto per ritornare a bomba sugli Oscar - è molto più complessa e affascinante e ricca di possibilità forse illimitate e allo stesso tempo misteriose di quanto qualsiasi presunta divinità con le sembianze del mostro della palude potrà mai riuscire essere.

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