Nel 1991 esce quella che ad oggi è l'opera più nota dello scrittore statunitense Bret Easton Ellis, il più spietato e con ogni probabilità il più vero ritratto sul decennio appena conclusosi e su quello che ha generato: "American Psycho" è un libro in cui viene presentato tutto l'orrore del mondo, un orrore nascosto dietro alle maschere di plastica pronto a mostrarsi in tutta la sua enorme ferocia non appena queste cadono per un istante.
Siamo sul finire degli anni Ottanta, Patrick Bateman è un ventisettenne di New York, laureato ad Harvard, lavora a Wall Street, vicepresidente di una grossa società posseduta dal padre, è ricco, bello, frequenta i migliori locali di Manhattan assieme a colleghi appartenenti alla sua stessa classe sociale, è nei giri di escort d'alto bordo, fa uso di cocaina, è attentissimo al proprio aspetto e alla propria forma fisica. Un monumento allo Yuppismo. Patrick Bateman è ossessionato dalla propria immagine, il punto focale della sua non-esistenza è lustrare la proiezione di sè che offre al mondo che lo circonda, non si dà pace se il suo biglietto da visita è meno bello di quello di altri colleghi, veste solo abiti firmati e la sua conoscenza enciclopedica in materia gli consente di capire al volo la marca di vestiti indossata da chiunque gli capiti di incrociare e scannerizzare con lo sguardo, è perennemente preoccupato per lo stato in cui possono trovarsi i suoi capelli, ha una fidanzata, Evelyn, non perchè provi un qualche sentimento verso di lei ma solo perchè il suo status sociale glielo impone. A Patrick Bateman piace vivere secondo routine prestabilite, fa esercizi ginnici al mattino, guarda il Patty Winters Show, restituisce videocassette prevalentemente di carattere pornografico, uccide persone. Quello che viene inizialmente descritto dai suoi frequentatori come "il ragazzo della porta accanto" è un contenitore di paura e di angosce, un prodotto della società in cui è calato e di cui si fa portavoce, si autodefinisce non un uomo ma un'entità indistinta in una realtà fatta di non-rapporti, di non-senso a qualsiasi cosa, di noia.
Patrick Bateman non ha veri e propri amici ma solo entità come lui con le quali interagisce quando c'è da prenotare un tavolo nell'ultimo ristorante alla moda o c'è da reperire un po' di droga, e spesso nei discorsi queste entità si mischiano fra di loro, l'uno viene confuso con l'altro, ognuno sa a memoria i nomi dei prodotti ma non si ricorda mai quelli delle persone nè tantomeno le loro facce. L'immagine diventa l'unico e vero motivo di esistere, il riflesso anzichè il corpo, l'apparire sopra all'essere, una maschera per mostrarsi al pubblico, e Patrick Bateman è la personificazione di quella maschera che cela dietro di sè, dietro all'immagine perfetta, la follia più nera: la notte, spesso, Patrick Bateman tortura e uccide persone senza distinzione di sesso, età o classe sociale ma soprattutto senza un vero motivo, uccide barboni, squillo, ex fidanzate, colleghi, bambini, animali. Lo fa in modo metodico, quasi sempre premeditato e consapevole, dà soddisfazione a un'incessante sete di sangue e questa sembra essere l'unica valvola di sfogo di cui dispone. Gli omicidi sono descritti nei minimi particolari in modo da risultare estremamente disturbanti e nauseanti, soprattutto quelli che coinvolgono donne il che rivela in Patrick Bateman una certa misoginia nonostante la sua posizione sociale gli dia accesso di fatto a tutte le "corpoduro" del pianeta. Non si limita ad uccidere ma si diletta con mutilazioni, lacerazioni, bruciature, cannibalismo, ratti nella vagina e quant'altro. Ciò che rende ulteriormente agghiacciante questo quadro è la totale assenza in Patrick Bateman di un qualche sentimento che non sia il disprezzo, l'assoluta mancanza di una guida morale nelle sue azioni. L'unico caso nell'arco delle 500 pagine in cui la ferocia di Patrick Bateman si arresta di sua spontanea volontà è rappresentato dalla sua segretaria, Jean, la quale dietro ad una spessa corazza di ingenuità è forse l'unica persona che riesce a smuovere qualcosa nell'animo di Patrick Bateman in modo da sembrare diversa e non una bolla di superficialità come tutto il resto che lo circonda.
Il romanzo di Ellis alterna momenti di altissima crudeltà a momenti al limite della comicità, il vuoto dei personaggi li rende spesso ridicoli, ed è spiazzante come vengano descritte allo stesso modo e con la stessa assenza d'animo entrambe le situazioni; l'esplosione di violenza di Patrick Bateman si fa attendere in modo da creare nel lettore l'ambientazione ideale e permettergli di immedesimarsi il più possibile con l'io narrante, al che le sue azioni per quanto mostruose possono apparire quasi comprensibili, diretta conseguenza di quello che c'è sotto quella maschera, dei mostri che la società ha creato e che cerca di nascondere dietro scintillanti cartelloni pubblicitari e spot del Mulino Bianco. Si cammina sempre su quella sottile linea che corre fra realtà e immaginazione, la spersonalizzazione alla fine diventa totale e non lascia scampo a nessuno ("Questa non è l'uscita"). Il romanzo non inizia nè finisce, non ha una vera e propria trama, è solo uno spaccato della vita quotidiana di Patrick Bateman raccontato attraverso i suoi occhi, le sue ossessioni e i suoi orrori; il romanzo sostanzialmente parla del nulla, è vuoto, e proprio questo lo rende geniale e terrificante. Come i due volti gli anni Ottanta.
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