Come mi immaginavo Conor Oberst, aka Bright Eyes?
Esattamente come lui vuole sembrare nell'inizio di questo album.

Strada trafficata, si sentono voci, rumori di auto che passano, fruscìo di fondo, poi si cominciano a sentire poche note di chitarra, una melodia quasi incomprensibile su cui si arrampica la voce del nostro, che immagino strabaccato in terra, cappello pieno di monetine, mentre dispensa ai passanti il suo pensiero.

"The picture is far too big to look at kid, your eyes won't open wide enough. And you're constantly surrounded by the swirling sistem of what is and what was. Well, we've all made our predictions but the truth still wasn't out. So if you want to see the future go stare into a cloud."
Non si innalza dunque a profeta, Conor, ma a 24 anni mostra già la saggezza di un veterano.
E la sua voce non certo potente, anzi spesso stonata, come piace a me, tocca i meandri più intimi della sensibilità dell'ascoltatore.

Quelle di Lifted sono canzoni, nell'accezione più pura del termine, e cioè: un tizio con la chitarra in mano sta alla base di tutto. E tutto all'insegna della semplicità, che tanto poi ci pensa quel genio di Conor a fare la differenza.
Un genio dunque, che ha talmente tante cose da dire in his songs, che il libretto dei testi (magnifici) è quasi un libro vero e proprio.
Mi viene in mente il mitico packaging del mitico Vitalogy-Pearl Jam, che però musicalmente non c'entra nulla.

Oltre alla già citata The Big Picture, una canzone che mi fa letteralmente impazzire si chiama You Will.You?Will.You?Will.You?Will.You?Will, perfetta sintesi del miracolo della musica, che si ripete costantemente nonostante sia quasi impossibile inventare qualcosa di nuovo.
Conor Oberst non ci prova neanche, a inventare musica, e si presenta a noi con due o tre accordi già sentiti, e qualche delirio poetico, con la semplicità del songwriter da strada, eppure, quando lo troveremo su quello stesso marciapiede, ci fermeremo sempre ad ascoltarlo.

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