“Ammazza che lagna”, dice il torrido Bisoli e io un po’ lo capisco pure. Qui però siamo nello scrigno Sarah Records e questa è una raccolta di tutti i singoli dei Brighter. Che poi se dei tizi decidono di chiamarsi Brighter immagino che una ragione ci sia.

Ah Bisoli lo so, è la solita fuffa, il suono cristallino e rifrangente...il riverbero...il tintinnio. Roba che sembra sempre lunedì, ma anche in qualche modo festa. Aggiungi poi tutte quelle smorfie da bimbi in castigo e, ecco, direi che va bene così. A blaterar saggezza c’è sempre tempo…

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Siam tutti bambini inadeguati, mi sa. Charlie Brown allo psychiatric help, Linus nell’orto dei cocomeri. E se c’è poesia nel racconto, non ve n’è alcuna nel punto di partenza.

Nulla d’aereo insomma, ma piuttosto realtà rugosa, esistenza rappresa. Senza contare l’odore di chiuso di quel loculo dove nessuno, nemmeno tua madre, apre mai la finestra.

Poi, per fortuna, si si per fortuna, il pop salvifico prende l’odore di calzini sporchi e, come una Circe all’incontrario, lo trasforma in gas nobile, così alla fine se prima era merda adesso è addirittura cielo, anche se non necessariamente quello azzurro.

Poi fa niente se una lavatrice, in un ottica strettamente igienico sanitaria, avrebbe ottenuto un miglior effetto. Qui non si tratta di scambiare o non scambiare un fustino con due, qui parliamo di trasmutazione alchemica, ovvero di quello strano fenomeno dove uno sfigato qualsiasi, proprio perché sfigato e proprio perché qualsiasi, diventa Dio.

Certo ci sono dei trucchetti, il suono passa da un setaccio angelico, ti avvolge in una sorta di bambagia emotiva, entra nella meraviglia del così poteva essere che è poi quella cosa che i saggi chiamano spazio di illusione.

Non solo, c’è pure una sordina che attenua e nasconde affinché nasca la voglia di avvicinarsi a quell’incanto triste. Son giochi di luce tenue, trame sottili, armonie in minore o magari solo quella faccenda che si chiama jangle pop.

Fai conto i sessanta, gli Smiths, lo shoegaze finito dentro un bicchiere d’orzata, oppure latte miele. E alla fine è sempre autunno o sempre primavera, margherite e foglie morte sono a quanto pare la stessa cosa.

Allora fate così, domattina, quando vi svegliate, mettete questo disco, aprendo gli occhi è forse necessario credere che il mondo stia ancora in piedi, proprio come questo piccolo gioiello che se anche è un traballante castello di carte nessuna tempesta potrà mai spazzarlo via. Trallallà...

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