Antefatto...
Avevo sentito nominare i "Broken Social Scene" ed ero certo che con un nome del genere non potessero essere altro che un gruppo metal o una boyband (reminescenze di "Black Label Society" e "Back Street Boys), in ogni caso niente che potesse solleticare il mio appetito musicale.

Poi un giorno passeggiando per il corso con la solita sfilza di auto in doppia fila scorgo in lontananza una Golf con relativo autista in piedi fuori dall'abitacolo, il fare di chi sta aspettando qualcuno. Il soggetto aveva il classico aspetto del musulma truzzone, di quelli che solo a vederli te li immagini un po'rozzi, con l'alito al kebab e che ascoltano solo boiate "tamarro-indio-arabeggianti" alla Panjaby Mc o al massimo la musicaccia cozza che osanniamo a torto in Italia, tipo il Vasco o il Bue. Proseguo lungo il marciapiede e mi avvicino con aria sprezzante di superiorità musicale, chiedendomi quale schifezza stava per uscire dal suo autoradio ad infastidirmi mentre gli sarei passato a fianco.

Ed invece passo dopo passo quella che giunge alle mie orecchie è una melodia davvero carina, particolare, anzi è proprio bella, sembra quasi musica ricercata... no, aspetta, è proprio musica ricercata, tanto che mi fermo e chiedo al musulma di che band si tratta...
"Bruken sozal sin, amico, Bruken sozal sin... ".

"FEEL GOOD LOST"
Questo disco d'esordio dei BSS è oggettivamente una mosca bianca se confrontato ai successivi lavori. Il cambio di genere di "You Forgot It In People", la loro opera migliore e più conosciuta, ha portato i BSS in una dimensione Indie Pop che stacca completamente dalle atmosfere ambient di "Feel Good Lost". D'altronde quando uscì questo disco la band non era certo la combo da oltre 10 elementi di adesso, anzi, il lavoro porta in pratica la firma dei soli Brenden Canning e Kevin Drew che suonano tutti gli strumenti o quasi. Non è un'opera perfetta, tutt'altro.
Il disco scade molto nella seconda parte, quando le tracce si riducono a semplici riempitivi ma la prima metà e travolgente. L'incedere del basso ed il sublime ingresso della chitarra in "I Slept with Bonhomme at the CBC", la tristissima "Guilty Cubicles", la voce eterea di "Passport Radio", la ritmica particolarissima di "Alive in 85" sono piccoli e commoventi gioielli.

E' un disco che personalmente adoro, uno dei miei preferiti in assoluto. Mi emoziona sempre tantissimo, va a toccare corde che forse sono solo mie. Un pò come mi succede con i "Belle & Sebastian"... ci sono giorni in cui se non ascolto questo disco sto male. E' un vero peccato che la band non lo proponga minimamente in nessun live, quasi a rinnegarlo. Ascoltatelo, ne vale la pena, non fatevi scoraggiare dal fatto che quasi tutto ciò che si legge su Internet in merito a questo disco sia negativo.

Ovviamente un sentito e rinnovato grazie al musulma alternativo del corso.

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