Dopo THE RISING e gli annessi tumulti patriottici post -11 settembre 2001 – ma lui non ha mai confermato che l’ispirazione fosse quella – il Boss torna a riflettere sottovoce.
Gioia soffusa e malinconia latente si mescolano in DEVILS & DUST, ultimo lavoro del ragazzo di Asbury Park. Un disco che, considerando studiata a tavolino la disposizione dei brani nell’ordine in cui si avvicendano, non sembra scandito da un uniforme filo conduttore, nemmeno musicale: si alternano pezzi gioiosi (ALL THE WAY HOME), ma lo spleen è spesso dietro l’angolo dei testi, struggenti nell’espressione della semplice quotidianità delle storie cui sono ispirati, e lancinanti ballate bucoliche (SILVER PALOMINO, JESUS WAS AN ONLY SON, la splendida THE HITTER), dove Springsteen lascia parlare il suo cuore, con il controcanto della chitarra e di qualche sporadico fiato che esce dal nulla, tornandovi dopo poche note, come avviene, ad esempio, in LEAH.

Non può essere per forza di cose NEBRASKA, che del filone acustico del Boss resta la perla indiscussa, ma non è nemmeno THE GHOST OF TOM JOAD, concepito modesto nelle ambizioni, ma nato pretenzioso al conto del risultato definitivo. Definire DEVILS & DUST una via di mezzo tra i due sarebbe ingeneroso per NEBRASKA, ma senz’altro è molto più vicino ad esso che non a THE GHOST.
E questo è il miglior apprezzamento che possiamo fare al buon vecchio caro Boss.

Carico i commenti...  con calma