Negli anni 80, in piena esplosione pop e dance, quando le ragazzine morivano dietro ai Duran Duran e agli Spandau Ballet (per non citare tante altre meteore) e quando i sintetizzatori dominavano la scena musicale, il rock sembrava ormai morto e sepolto. Ma c'era qualcuno come Bryan Adams, il quale album d'esordio risale al 1980, che tentava di portare avanti una tradizione prettamente rock. Senza inventare nulla di nuovo, ma cercando di portare avanti quello che i maestri del passato hanno insegnato. Negli anni '90 invece il rocker canadese ha scoperto che con canzoni morbide e zuccherose si poteva arrivare al cuore di migliaia di ragazzine (basta vedere le 13.000.000 di copie vendute di "Waking up the neighbours"), così egli continuò il suo percorso virando verso un rock molto tendente al pop. E il Bryan Adams del 2000 cosa ci propone? Per saperlo bisogna aspettare il 2004, anno di uscita di questo "Room service" che esce a ben 6 anni di distanza dall'ultimo album di inediti, il non riuscitissimo "On a day like today", 5 anni dall'ennesima raccolta di successi "The best of me" e 2 anni dalla colonna sonora di "Spirit - stallion of the Cimarron".

L'album è stato concepito nei vari alberghi cha hanno ospitato il cantautore durante i suoi numerosi concerti, come si evince dal titolo "Servizio in camera". Chiariamo subito che quest'album non propone niente di nuovo, sia chiaro.

Né dal punto di vista musicale e né dal punto di vista lirico. Però in questo album Adams unisce in maniera equilibrata canzoni di matrice rock con le classiche ballate che hanno accompagnato le storie d'amore di centinaia di ragazzini.

In sostanza, a mio avviso, è un album da concerto. Dato il contesto in cui è stato scritto, probabilmente il cantautore durante la composizione sentiva la carica che solo i concerti sanno trasmettere, ed è riuscita a riportarla sull'album.

Basta pensare a "She's a little too good for me", "Room service", "Nowhere fast" e "Right back where I started from" canzoni molto orecchiabili e immediate che ben si prestano ad un concerto. Oppure alle ballate "Flyin'", "I was only dreaming" e "Why do you have to be so hard to love" brani perfetti da ascoltare mentre si sta abbracciati alla propria metà, facendo sventolare un accendino. Un'altra canzone degna di nota è sicuramente la seconda traccia "This side of paradise" specialmente per il testo che è senz'altro il più impegnato dell'album. Un bambino di nove anni seduto sul sedile posteriore di un auto del '69, appoggiato al finestrino mentre vede le immagini di un funerale. Vuole sapere ciò che non viene detto, vuole qualcosa in cui credere. È una canzone sulla crescita è sulla speranza, come recita la strofa finale della canzone "We wander 'round in the darkness but every now and then a little light shines through".

Gli altri testi ci propongono il classico Bryan Adams che ha come tema principale l'amore. Raccontato in modo banale, se si vuole, ma pur sempre efficace. Le altre canzoni "East side story", "Not Romeo not Juliet" scorrono via veloci senza lasciare una traccia indelebile, mentre invece trovo "Open road" il punto meno interessante dell'album. Strano che sia stata scelta come primo singolo. Forse è per questo che in Italia non ha avuto la giusta attenzione. La versione inglese e giapponese dell'album contengono una bonus track in chiusura dell'album; "Blessing in disguise" un divertente rock di vecchio stampo. Tirando le somme, questo è un album che piacerà (e parecchio) ai vecchi fan del cantautore canadese, e potrebbe essere anche un ottimo inizio per chi ancora non lo conosce.

Purtroppo nell'album successivo "11" datato 2008, verranno a mancare la freschezza e la spontaneità presenti in questo album, puntando tutto sugli ottimi arrangiamenti, ma si sente che sono troppo "pensati".

Finora ho cercato di essere il più obiettivo possibile, ma se devo dare un parere personale, trovo questo disco il migliore dai tempi di "Reckless". È uno di quegli album che farei girare di continuo sul lettore cd perché col suo disimpegno sa trasmettermi carica e positività.

Spero di avervi invogliato all'ascolto, perché questo album secondo me ne vale la pena.

Alla prossima...

P.S: "From now on we'll be going somewhere slowly, instead of going nowhere fast"

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