Mamma mia come ce lo ricordiamo bene. Ricordo soprattutto, da reo confesso e mai pentito marlettaro degli ottanta, un video con due figoni da cinema, la Bionda con la frangetta e la Mora con la faccia da cattiva, che si muovevano come due gattone, facendomi impazzire. Era “Don’t Stop The Dance”. E chi la fermava…. E non era neanche il primo o migliore dei prodotti di Ferry o dei suoi Roxy Music. Basti pensare, e anche i distrattoni non possono esserseli dimenticati, ad “Avalon” o, soprattutto, a “Slave To Love”. Negli ottanta c’era un perverso gusto per il patinato.
Andrew Blake stupiva il mondo dei giovani arrapati con dei porno a filtro flu e delle gnocche imperiali che si strafugnavano per la nostra gioia. Sting lasciava i Police per dare alle stampe dischi belli, perfettini e patinatissimi. Insomma, era un po’ la moda dell’epoca. Anzi: una delle tante mode di un’epoca ancora fertilissima, malgrado le opinioni contrarie -non o mal motivate- dei troppi e comodi detrattori degli eighties. Ferry mi risulta abbia mai smesso di fare dischi. Semplicemente non si possono seguire le tracce di tutti. Io, così, l’ho trascurato, serbandone un ricordo eccitatissimo e adolescenziale. Insomma: se penso allo scatenamento cretino d’allora penso inevitabilmente a Falco, e soprattutto alla splendida e trashissima “Rock Me Amadeus”, mentre se penso all’imboscadero eighties, raro e inconcludente -nella realtà-, penso subito a “Slave To Love” (du du du du…).
Dunque quando ho letto, benissimo, di questo disco ero a un tempo attratto e molto diffidente. L’ho scaricato per non pentirmi dell’acquisto. Bene. Nell’ambito dei dischi di pure cover è un’opera bellissima, essenziale, centrata. E il discorso sui dischi di cover dovrebbe essere lunghissimo e approfonditissimo. Ma non è tempo né luogo. Basti dire che ritengo il disco di cover un’opera eccelsa quando è “vero atto d’amore”. Se ne può parlare, se volete. Il repertorio rispecchia probabilmente più che altro gli amori di Ferry, dato che si spazia dal Dylan antico a quello recensissimo, passando da brani celeberrimi ad altri meno conosciuti dalle masse. La band segue con libidine adolescenziale mentre lui offre una prova d’interprete degna, a mio parere, d’entrare nella storia. Ovviamente nella storia discutibile e discussa dei dischi di cover. La voce, innanzitutto. Quella voce pulita, caldissima è cambiata. Ed è cambiata in meglio. Ci sono voci che in carriera hanno subito mutazioni migliorative (penso a Bowie, a Van Morrison, soprattutto a Waits…), ed altre che… ahimè… (penso al nostrano “Zio Pino”…). Brian Ferry è più roco, più “fumato”, meno “potente” (anche se nel suo caso non possiamo che parlare di potenza ovviamente relativa…). Ma canta con molta anima. Con quell’anima che oggi è rarissimo, se non impossibile, incontrare gironzolando, telecomandomuniti, tra gli inutili canali musicali che oltraggiano l’etere.
Insomma, un disco che vola via benissimo e si risente subito. Perfettamente studiato e realizzato. E, ovviamente, mai banale. D’altra parte, ragas, quelle cose lì le ha scritte Dylan… E Brian Ferry le canta benissimo.
Elenco tracce testi e video
02 Simple Twist of Fate (05:18)
They sat together in the park
As the evening sky grew dark
She looked at him and he felt a spark tingle to his bones
It was then he felt alone
And wished that he'd gone straight
And watched out for a simple twist of fate.
They walked alone by the old canal
A little confused I remember well
And stopped into a strange hotel with a neon burning bright
He felt the heat of the night hit him like a freight train
Moving with a simple twist of fate.
A saxophone someplace far off played
As she was walking on by the arcade
As the light bust through a-beat-up shade where he was waking up
She dropped a coin into the cup of a blind man at the gate
And forgot about a simple twist of fate.
He woke up the room was bare
He didn't see her anywhere
He told himself he didn't care pushed the window open wide
Felt an emptiness inside to which he just could not relate
Brought on by a simple twist of fate.
He hears the ticking of the clocks
And walks along with a parrot that talks
Hunts her down by the waterfront docks where the sailers all come in
Maybe she'll pick him out again how long must he wait
One more time for a simple twist of fate.
People tell me it's a sin
To know and feel too much within
I still believe she was my twin but I lost the ring
She was born in spring but I was born too late
Blame it on a simple twist of fate.
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Altre recensioni
Di malley8
La voce di Ferry è sempre eccezionale, ma costretta in un registro un po' stretto di una rivisitazione di maniera.
La copertina del disco è una delle più brutte della sua storia e del rock.