Il film dei Bullet For My Valentine sembrava già scritto, messo in scena e con una trama abbastanza scontata.

Una band pompata mediaticamente fin dalla nascita dalla stampa britannica e adorata da uno stuolo di giovani fan, che dopo un memorabile debut quale "The Poison" affonda nel mare nella banalità col successivo "Scream Aim Fire" proponendo un finto thrash, che di thrash aveva solo il fatto di ricalcare riff e qualche struttura e facendosi attrarre nella rete e dalla sirene delle label e della popolarità.

Ero dunque quantomeno scettico su una ripresa dei gallesi e al ritorno ai fasti del primo disco, nonostante le dichiarazioni dei quattro parlavano di un riavvicinamento alle origini.

Il singolo di lancio "Your Betrayal" con le sue contorsioni strumentali iniziali che tracciano la strada per un pezzo godibile, in cui vi è un curioso botta e risposta tra voce melodica e strane parentesi sussurrate, è un buon biglietto da visita che tuttavia, mi aveva illuso, che vi fosse stato davvero un taglio col recente passato.

Tuttavia analizzando "Fever" al completo, la bolla di sapone creata dal singolone, evapora via lasciandoci in eredità canzoni come la title-track che più che essere composte da chi dichiara di ispirarsi ai Metallica o agli Slayer, sembra composta da quattro ragazzini alla ricerca del facile successo. Un pezzo che lotterebbe con "Always and Never" per vincere un Razzie Awards come peggior canzone mai scritta dal gruppo.

E si badi qui non si contesta il fatto che le parentesi in screaming si siano sempre man mano ridotte di disco in disco, ma è proprio l'intero progetto e l'impacaltura base a fare acqua. Lo dico chiaramente, a livello meramente musicale i gallesi propongono anche trame e intrecci che attirano l'orecchio, ma è la proposta in sé, o meglio la melensa vocina del frontman, col suo timbro adolescenziale e pop a vanificare tutto.

Non che i Bullet For My Valentine siano mai stati fautori di proposte particolarmente complesse, ma in "The Poison" la loro proposta era piacevole, trasmetteva qualcosa e non era annegata in una produzione piena di melassa e la voce non era mai fastidiosa e scontata.

Gli esempi in tal senso si sprecano, si va da "Begging for Mercy" che vuole recuperare l'antica potenza degli esordi, lodevole se poi non finisse nel solito refrain radiofonico a pezzi come la già citata "Fever" o "Pleasure and Pain".

I pezzi decenti ci sarebbero anche, come "Dignity" che possiede finalmente linee vocali più distese e meno appiciccose del solito, "The Last Fight" o la ballata "Bittersweet Memories" probabilmente la migliore insieme a "Your Betrayal" grazie anche a delle parti corali indovinate, anche se va detto siamo lontani dal pathos che trasmettavano pezzi come "The Poison" o "Cries in Vain".

Se dovessimo giudicare questo disco col solo parametro dell'orecchiabiltà e dell'immediatezza, il disco non sarebbe neanche malvagio, arrivando sopra la sufficienza, il punto è che non può e non deve contare solo questo aspetto. Attenzione, nulla contro l'orecchiabilità, i vari Trivium di "The crusade", gli ultimi Papa Roach, i Disturbed, tanto per rimanere in ambiti metal, possiedono questa caratteristica, ma la sanno gestire bene senza risultare plasticosi e stucchevoli già al secondo ascolto.

Se il debutto era inquadrabile nella corrente metalcore, il secondo confondeva le carte, essendo un collage mal riuscito di influenze diverse, qui si ricade pienamente in un disco a cui l'etichetta mainstream fm metal, per quanto grottesca, rende in sintesi bene l'idea.

2.5/5

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