Strano riscoprire vecchi dischi, magari sotterrati da fiumi di polvere e magari ammaccati dal tempo. E' strano perchè a volte ci si dimentica di quanto di buono veramente c'è stato nella musica italiana, e non parlo certo dell'attualità, ma di un passato che ormai sembra preistoria. Non posso certo ricordare io, che appena venti anni fa nascevo, ma scoprendo quell'infinito mondo di soluzioni musicali che l'Italia ci ha regalato non posso rimanere indifferente. E rimango stupito come quelle proposte musicali sono rimaste nascoste e sconosciute a molti.
Questo disco è un esempio dell'ispirazione che alimentava gli anni 70. Siamo in pieno boom progressive rock e gruppi come Genesis, King Crimson all'estero e PFM in Italia, imperversano le scene. Ma oscurata dalle opere dei gruppi padri, nasceva questa operetta sicuramente buona dalla mente di 6 buoni musicisti: Sandro Cesarini (fiati), Paolo Damiani (basso), Rino Sangiorgio (batteria), Sandro Centofanti (tastiere), Luigi Calabrò (seconda chitarra) e udite udite Richard Benson (prima chitarra). Il disco venne registrato nel 1972 ma publicato solo nel 1990 con un nuovo artwork. Ed è peccato poichè non avrebbe sfigurato tra le opere dei gruppi maggiori del progressive di quegli anni.
La versione che recensisco è la ristampa del 1999 con 2 bonus track: "Rosa" e "Il guardiano della valle". La prima è una dolce ballad che comunque ricama gli stilemi progressive di quegli anni: piacevole intro con pianoforte e il solo finale. E' riconoscibilissima la chitarra di Benson che a quanto pare negli anni è rimasta intatta nello stile. La seconda invece è un ottimo brano acustico: allegro, dalla cadenza quasi divertente. Ma il vero disco si apre con la suite (obbligatoria per un gruppo progressive) "Venite giù al fiume". Riprende originalmente iol tema di Peer Gynt, di Grieg, ma presto cade dolcemente nella sezione strumentale. Affascinante basta a descrivere le atmosfere create dalla voce sostenuta dall'acustica di Benson, ma è impossibile anche non restare colpiti dall'ottimo lavoro ai fiati e alle tastiere. Si riparte quindi con l'incedere quasi country di "Evviva la contea di Lane". Le atmosfere della PFM sono vive, ma è pregevole il lavoro in questo brano: aperture imprevedibili e continui cambi di atmosfere rendono il brano inimitabile. Continua il lavoro con la seconda suite: "all'uomo che raccoglie cartopni" è rara nella sua complessità e bellezza. 7 minuti di pura complessità precedono la voce sofferta per poi ricadere nell'affannosità e nella rincorsa agli strumenti che mai si è rivelata così azzeccata.
Egregio lavoro. Riscoperto tardi e all'epoca sottavalutato, va ad aggiungersi all'eccellenza del progressive di quegli anni. Non gode dell'ottima produzione dei gruppi più blasonati, ma vive di una propria personalità e, forse per quella sua tardiva scoperta, vive di una giovinezza e di una freschezza che non immaginavo.
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