Di gruppi che coniugano sonorità metal e hardcore di stampo americano ai giorni nostri ce ne sono in quantità e il rischio di imbattersi in band che rimpastano clichè triti e ritriti senza la minima originalità non è affatto basso. I Burst sicuramente non sono ascrivibili a questo filone, tutt'altro.

Amici d'infanzia e fanatici delle sonorità estreme più disparate, i cinque ragazzotti svedesi, fin dall'esordio "Conquest: Writhe", sembravano aver ben recepito gli insegnamenti di Neurosis & co., aggiungendo al tutto spiccate influenze death scandinave. Nel 2003, il gruppo si aggrega alla scuderia Relapse, e pubblica un disco ancor più maturo e completo, "Prey On Life", un lavoro solido e compatto che finisce per moltiplicare i consensi già espressi in passato da critica e pubblico. "Svedishcore", così può essere definita la musica di Linus Jägerskog e soci, un sapiente mix di death metal scandinavo e hardcore d'oltreoceano che, nelle undici tracce di "Prey On Life", raggiunge ottimi livelli e fa ancora ben sperare per il futuro. Un susseguirsi di riff granitici quindi, sample che arricchiscono ulteriormente le impalcature sonore create dai nostri, brusche accelerazioni e cambi di tempo che, già dalle distorsioni introduttive di "Undoing (Prey On Life)", sembrano preparare psicologicamente l'ascoltatore a ciò che lo attende. Tuttavia, è in magnifici pezzi come "Rain" e "Visionary" che la band raggiunge la perfezione, riuscendo a placare la (a volte) eccessiva frenesia death, ed approfondendo il lato più ambientale ed atmosferico del loro sound. Davvero da applausi.

"Prey On Life", insomma, è un album che non deluderà nessuno, e che, se non raggiunge la perfezione totale, le è maledettamente vicino. Complimenti ai Burst quindi, ed un altro successo da registrare per la mitica etichetta Relapse, ormai sinonimo di garanzia e qualità a tutti gli effetti.

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