Giunti negli anni Ottanta non possono più sbagliare. Consolidare la fama, avvenuta con tanta tenacia, registrando inizialmente scherzi elettronici, non pensando mai di produrre un album, è importante.

Il singolo “Seconds Too Late” accoppiato con “Control Addict” è la scelta giusta per la fase giusta. Il dub e l’elettronica innovativa, che trovava consensi perfino nell’amico Ian Curtis, sono realizzazioni storiche, relegate a un particolare periodo sociale.

Una serata seriosa, incubata in forti strobo, anche in un locale demenziale, sfruttato per quattro spicci. Gli artisti in questione elevano sicuramente la qualità dell’atmosfera. La bellezza dei Cabaret è quella di imprigionare l’ascoltatore, scaraventando la mente in oscuri luoghi, dalle tinte cupe. Niente è bianco con loro.

Rilevanti le linee del basso di “Seconds Too Late”, come la dimenticata “Control Addict”, esercitazione per niente banale del trio britannico. La solita menata per intenditori del genere? Nein! Di certo un passo avanti rispetto all'apparenza ingenua del reggae-wave di "Silent Command", iniziando a dialogare con la dimensione alta della seminale "Nag Nag Nag".

Da qui in poi arrivano “The Voice Of America”, il cocktail orientale di “Yashar”, la tanz- industrial-disturbata-urbana con “Sensoria” e “Kino”.

Tanti bei cabaret, a luci soffuse.

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