Artisti come Caetano Veloso ne nascono uno ogni dieci anni, o forse più.

Figura assolutamente carismatica della musica e della cultura brasiliana, intellettuale ed artista a tutto tondo, Caetano ha la rara qualità di unire una irresistibile verve comunicativa assieme una totale ed incondizionata disponibilità ed apertura mentale, caratteristiche che lo rendono amato ed idolatrato nel suo paese e all'estero.

Questa grande umanità, unita ad un atteggiamento del tutto positivo nei confronti del mondo che lo circonda e della musica, gli consente di comporre delle canzoni che coniugano una dolcezza quasi naïve con la voglia di sperimentare e battere strade sempre nuove. Il suo repertorio è rispettoso della smisurata tradizione musicale del suo paese, dalla quale attinge a piene mani, ma coniugandola in modo inedito e assai poco reverenziale, accostando brani dolcissimi e ammalianti a sperimentazioni con i più famigerati rumoristi come Arto Lindsay.

In quasi quarant'anni di attività Caetano ha dato alle stampe moltissimi lavori e la sua carriera ha attraversato diverse fasi. Ho scelto di recensire "Livro", del 1997, perché a mio avviso rappresenta il vertice della collaborazione con un altro musicista da me molto amato: il violoncellista Jacques Morelenbaum, eminenza grigia della musica brasiliana più avanzata e innovativa, già collaboratore di Egberto Gismonti e Ryuichi Sakamoto.

Gli arrangiamenti fantasiosi e coloratissimi, spesso massicciamente percussivi, creano una perfetta vetrina per la voce carezzevole ed ipnotica del nostro. Indimenticabili melodie risplendono come gioielli incastonati in questa magnifica scenografia sonora. Gli aromi e le suggestioni che sprigiona la musica sono molteplici, con la bossa nova a farla giustamente da padrona. Si sente molta Africa, come spesso accade nei dischi di Veloso, che ama chiamare a sé colleghi più o meno blasonati: questo disco vede la partecipazione della sorella Maria Bethânia e di Carlinhos Brown nel brano di denuncia "O Navio Negreiro", mentre il figlio Moreno regala un grazioso cameo vocale in "How Beautiful Could A Being Be".

"Alexandre" è un allegrissimo risplendere di fiati ed ottoni, una canzone che racconta senza tanti peli sulla lingua la storia di Alessandro Magno, "gayezza" compresa... L'uso quasi "orchestrale" delle percussioni è ben udibile in brani come "Os Passistas" e "Onde O Rio É Mas Baiano". "Manhatã" è assolutamente ammaliante nel suo magico incedere; "Não Enche" è uno scherzetto che mette addosso la voglia di ballare, ma è animata da un testo corrosivo nel più puro "stile Caetano".

C'è spazio anche per la sperimentazione, in "Doideca", un divertente tentativo di far convivere Samba e Dodecafonìa (!). Immancabile poi, l'omaggio ai maestri del passato, con "Na Baixa Do Sapatero" di Ary Barroso.

Insomma, ancora una volta Caetano Veloso compie il miracolo di proiettare il Brasile musicale nel ventunesimo secolo, senza perdere neanche mezzo grammo del suo glorioso e magnifico passato.

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