In questo libro c'è poco da leggere e molto da osservare.

Osservare un Mal Waldron che si fuma una sigaretta seduto al suo Piano, pochi mesi prima di andarse, un Chet accorato al microfono, con la sua enorme montatura degli occhiali, i suoi capelli tirati all'indietro e la sua tromba adagiata sulle sue gambe, un Oscar Valdambrini di profilo mentre osserva la sua tromba, un Massimo Urbani mentre suona tutto imbacuccato, un Stanley Turrentine catturato mentre sul palco resta seduto con il suo Sax e fuma in modo imperturbabile la sua sigaretta, due Tony Scott e Pharoah Sanders messi in posa mentre uniscono scherzosamente le loro lunghe e candide barbe, un Max Roach dallo sguardo fiero e dalle pelle sudata, Joe Pass con Ella Fitzgerald ancora complici, un Steve Lacy seduto e alienato con una mano sulla testa e l'altra sul suo Soprano, un Elvin Jones in un poker dalla forte vitalità, una faccia simpatica e autorevole come quella di Dizzy, una affascinante Astrud Gilberto, un Cab Calloway spumeggiante e che sembra cantare alle stelle, in tutta la sua coinvolgente personalità in arrivo direttamente dai luccicanti anni '30. Sono solo alcune delle istantanee che Carlo Verri ha catturato nella sua ormai ultratrentennale carriera di fotografo appassionato di Jazz, e che l'ha portato in giro per mezza Europa.

Ha unito le sue due passioni, quella per la fotografia e quella per il Jazz. Un po' come fanno i critici culinari dalla personalità curiosa ed errante, in viaggio alla ricerca della buona tavola. Verri inizia poco più che adolescente, a cavallo tra gli anni '60 e gli '70, ad interessarsi e ad appassionrsi di Jazz. Resta per me un mistero il come un ragazzo di quella età, in quel periodo e in Italia, poteva interessarsi ad una musica così; ma forse questa mia impressione è soltanto mia appunto, mentre in realtà ci stava che un ragazzo si interessasse al Jazz, in quegli anni. Il suo battessimo del fuoco, quello che darà vita alla unione tra Jazz e fotografia, ci sarà soltanto qualche anno dopo, cioè il 17 Marzo del 1978 al Festival Jazz di Bergamo. Un gruppetto di tre ragazzi, una 500, il Jazz, una 6x6 con mirino a pozzetto, i fermi di polizia del giorno successivo al rapimento Moro. Altri tempi (...) Verri ha avuto fin da subito una grande opportunità, cioè quella di vedere la sua passione diventare qualcosa di più di una semplice passione; così Arrigo Polillo, vecchia penna del Jazz italiano, cominciò a pubblicargli alcune foto sulla rivista che dirigeva, "Musica Jazz". Verri comincia così a muoversi oltre, iniziando a battere quella Europa diventata già da un paio di decenni il buen retiro di molti jazzisti statunitensi. Olanda, Francia, Svizzera, Germania. Avvincenti viaggi sempre all'insegna del Jazz e dello sguardo da catturare, del cenno da immortalare. Verri sente, e anche molto.

Dalle sue foto arrivano le vibrazioni della sua passione, del Verri umano e non solo tecnico; e in tal senso c'è una splendida prefazione di Francesco Martinelli, Direttore del "Centro Studi Arrigo Polillo" della Fondazione Siena Jazz e Docente di Storia del Jazz dell'Università Bilgi di Istanbul, la quale espone in modo brillante tutto questo. Alcune delle foto più sentite sono accompagnate da delle didascalie, le quali daranno ancora ulteriore valore alla passione che fotografia e Jazz suscitano in Verri, ora veicolo anche di sentimenti umani legati all'Arte della visione e all'Arte dei suoni. Alla fine del libro, Verri, ci regala un altro splendido cadeau: un cd che accompagnerà la lettura del libro e la visione delle foto. Undici brani che vedranno protagonisti i fratelli Adderley, il Duca, Gerry & Chet, Miles, il Modern Jazz Quartet, Lee Konitz, Stan Getz, Ray Charles, Dizzy e in fine la Sarah Vaughan.

Un libro prezioso, da regalare agli amici appassionati di Jazz facendo così un figurone, oppure regalarlo a sè stessi, che è pure meglio... Tutte le foto ovviamente in b/n, perchè sennò che gusto ci sarebbe?

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