Ciao Cammela, ma cu tu fici fari? Non viri ca non è cosa …
“Amor hai sentito l’ultimo di Carmen Consoli?”. Questa storia inizia così e vi dico subito come finisce; con 2 biglietti per il concerto al Teatro Regio di Parma, dove il 13 novembre 2025 la “Cantantessa” ha presentato il suo ultimo (capo) lavoro: “Amuri Luci”.
In un’epoca che tende a semplificare tutto e, innanzitutto, il lessico di uso comune come se stessimo tutti giocando con quella canzoncina che si cantava da bimbi nella quale le parole venivano, mano mano, sostituite da muti “mmmm”! (“La mmm del capo ha un buco nella gomma …”), una come la Consoli è, minimo, fuori tempo. Anche le imitazioni dei vari comici – in primis Checco Zalone -giocano sull’uso nei suoi testi di termini ricercati. E questo è, insieme a molto altro come, ad esempio, la voglia di disattendere i desideri del suo pubblico in ossequio al rispetto che nutre per loro (sì, la frase è di Battiato) uno dei motivi del mio Amore per “Cammela”. Ma anche poco altro, come il gesto teatrale con il quale si libera del plettro per passare all’arpeggio o come quando scalcia indietro per sottolineare un cambio di ritmo: gesti che traducono l’unicità organica tra artista e arte. Quindi, io che adoro l’autrice e che sono un illuso visionario, posso anche sognare un mondo dove “Amuri Luci” domina le classifiche diventando argomento di conversazione nei bar e nelle strade, fino a giungere ai talk show: “… quindi, caro ministro, mi stava parlando di come “La terra di Hamdis” sia stata al centro del dibattito dell’ultima riunione di partito …”
Ma quali, ma quannu, ma unna?!?
Minchia Cammela, non lo vedi come va il mondo? Come ti è venuto in mente di cantare in dialetto siciliano o, tutt’al più, in latino o greco antico, in spregio a tutte le logiche del mercato? E, superchiu, durante il concerto non una parola, non una didascalia; solo le canzoni, una dietro l’altra che si bastano da sole. Penso, però, che il messaggio sia chiaro per tutti, siculi, sicani e conquistatori: ci vuole impegno, ci vuole tempo, ci vuole cultura per entrare nell’anima di queste tue splendide undici nuove canzoni. Chi ha voglia ne potrà trarre una visione d’insieme compatta e coerente che denuncia una precisa posizione politica; giù la coppola alla maestra, state muti e ascoltate e, se siete poco avvezzi con il dialetto siciliano, affidatevi ad un amico che ha dovuto lasciare la Trinacria, che tanto siamo sparsi ovunque nel globo terraqueo persuasi che “cu nesci rinesci”. Lo so, non basta, dovrete impegnarvi di più e percorrere anche la tradizione poetica siciliana alla ricerca di Ignazio Buttitta e Nina da Messina; dovrete dare ragione ai prof. del liceo quando spiegavano che Teocrito e Ovidio sono autori universali, dovrete addirittura risalire al basso medioevo per trovare traccia del poeta arabo-siciliano Ibn Hamdis.
U sacciu, pi tia u sulu fattu di viviri comu vivi e di fari chiddu ca fai è ‘na cosa politica!
Oppure potrete lasciarvi trasportare dalle emozioni che sprigionano questi brani che riflettono una delle tre anime della “Cantantessa”, quella folk, quella che induce la penna dell’autrice a scrivere di temi universali e con toni viscerali. “Ogni lingua tira fuori da me un’anima diversa. Per esempio, l’italiano ha sempre tirato fuori una Carmen introspettiva che parla di sé, per cui sussurra. Invece il siciliano è polemico, mi fa tirare fuori la voce. È tutta un’altra Carmen, non mi viene di scrivere canzoni d’amore in siciliano, piuttosto canzoni più impegnate politicamente.” Del resto, si canta un’origine che non appartiene a una terra, ma a una memoria condivisa: quella di chi continua a cercare senso nelle radici, anche quando il presente ci chiede di dimenticarle. Il tutto accompagnato da trame acustiche che si intrecciano con orchestrazioni equilibrate, in una molteplicità di ritmi che vanno oltre l’immaginario folk mediterraneo, mentre parti elettroniche si affacciano qua e là per ricordarci che siamo nel XXII secolo. Eppure, tutto resta coerente, perché al centro c’è la parola, l’amore e il rispetto per la parola quale materia viva: anche se è una lingua che non capisci del tutto la senti tua, nel corpo, nelle vene e nelle viscere. Senti il mito farsi metafora contemporanea e narrare di guerre, di migrazioni, di inganni, di soprusi. Un presente dove l’amore è una luce che non consola ma illumina crudelmente il mondo nella sua ultima, folle declinazione.
Per dovere di cronaca segnalo che “Amuri Luci” è il primo capitolo di una trilogia che esplorerà le tre anime che da sempre contraddistinguono la Consoli: la radice mediterranea, il rock, il cantautorato: io non vedo l’ora di ascoltare quello rock dato che si parla di una collaborazione con alcuni membri degli Uzeda!
- Amuri luci
- Unni t'ha fattu 'a stati
- La terra di Hamdis (Ft. Mahmood)
- Mamma tedesca
- 3 oru 3 oru
- Bonsai #3
- Γαλάτεια (Galáteia)
- Parru cu tia (Ft. Jovanotti)
- Comu veni veni
- Qual sete voi? (Ft. Leonardo Sgroi)
- Nimici di l'arma mia
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