Ciao ragazzi, sono nuovo di questo sito ed alla mia prima recensione, spero siate buoni con me nei vostri commenti, che ho letto tante volte e che mi sembrano spesso salaci.

Il primo film che vorrei commentare è "Il bisbetico domato" di Castellano e Pipolo, anno 1980, con Adriano Celentano, uno dei migliori cantanti italiani, di cui recentemente si è festeggiato il settantesimo compleanno, e, a partire dagli anni '60, uno degli attori comici di punta della commedia all'italiana.

Diciamo che Adriano non è stato un attore eccezionale, forse il suo personaggio ha prevalso sui tipi interpretati nei vari film; film che, peraltro, non sono di per sé dei capolavori, ma hanno cercato di far soprattutto fruttare la fama di Celentano, ed una certa simpatia del personaggio (anche se a volte pure lui è tedioso). Certamente si tratta di film molto divertenti, adatti ad un pubblico medio, senza troppi fronzoli e non troppo intellettuale; film che, in più, hanno fatto girare molti quattrini nelle tasche delle case di produzione e reso possibile la realizzazione di tanti altri film, magari di maggior spessore ma con meno mercato.

Dunque non sputiamo su questi lavori... è come sputare sulle Adidas perché vorremmo indossare soltanto le Church's, o girare scalzi per fare gli alternativi, come fanno quelli del barefooting - insomma: roba da feticisti del cinema d'autore e non da consumatori adulti e consapevoli di lungometraggi.

Venendo al sodo, la storia narrata in questo film ci racconta del ricco fattore pavese Elia, scapolo impenitente che vive assieme ad una governante di colore, la quale ricalca la più celebre governante di "Via col Vento".

Elia vive appartato, ama solo la natura, addirittura non sa cosa sia la tv. Un giorno capita a casa sua, a causa di un'avaria dell'auto, una bella ragazza interpretata da una giovane Ornella Muti: lei si innamora presto di Elia, ma prima di conquistarlo ci vorrà parecchio, visto che il protagonista del film non ne vuol sapere di impegnarsi, e, soprattutto, odia la boria tutta "milanèse" della ragazza (qui in effetti non gli darei torto, tralasciando il fatto che per una bellona come la Muti dell'epoca chiuderemmo tutti un occhio sulla spocchia meneghina).

Come già anticipato, si tratta di un film per palati non troppo fini e per gli amanti della commedia casereccia o del feuilleton popolare alla Grand Hotel: la sua piccola morale borghese è che le differenze sono conciliabili e che l'amore trionfa, oltre al fatto che una bella donna può sempre domare anche l'apparente bisbetico (e ti credo... a meno che questi non abbia altri gusti sessuali).

Regia in tutto e per tutto nella media, d'altra parte Castellano e Pipolo (quest'ultimo papà di Federico Moccia) erano essenzialmente degli sceneggiatori che lavoravano senza troppi fronzoli in film destinati al grosso pubblico - un po' come i moderni cinepanettoni - per cui non avevano alcun approccio autoriale ai film, né un marchio di fabbrica che permettesse di riconoscere il loro stile fra mille altri.

Venendo al protagonista del film, forse qui Celentano dà il meglio di sé senza risultare eccessivamente ripetitivo: da ricordare quantomeno la scena della pigiatura - con un bel sottofondo musicale agreste (fiori e fantasia/lalalalala/forza che sei tutti noi/lalalalala/forza caro Elia/lalalalala/spingi forte e vedrai che vincerai/vincerai), la scena in cui porta via il letto della Muti su un trattore, la scena della partita di basket.

Il personaggio si attaglia del resto al vero Celentano: amante della vita appartata, ovviamente con tutti i comodi della "campagna ad uso dei ricchi". Qui devo permettermi una digressione: nel suo amore per la campagna Adriano sembra rimpiangere il bel tempo andato, un mondo di puri, un po' come faceva Pasolini allargando il tutto anche alle periferie romane e non solo al materno Friuli; tutti e due, però, idealizzano il passato in quanto provenienti da una vita di agi (soprattutto Pasolini), ed in fin dei conti sono immemori o inconsapevoli del fatto che quella vita era molto agra, molto pellagrosa. Insomma, c'è un po' di ipocrisia e snobismo in questo amore per i campi.

Tornando a cose più terra terra, devo dire che, quanto alla Muti - fermo restando il suo fascino -, vedrei più apparenza che sostanza nella sua recitazione; non è mai stata una grande attrice, ed in ogni caso non ha dato il meglio di sé in queste commedie.

Simpatica la caratterizzazione di Pippo Santonastaso. C'è pure un cameo di Milly Carlucci prima di essere imbalsamata: bella donna davvero.

Come commedia darei un voto pari a: 3,5 su 5.

In assoluto, utilizzando una obiettiva scala Debaser: 2 su 5.

Vostro Il_Paolo

PS: ben accette le vostre critiche al mio stile, purché educate.

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