Chan in viaggio tra scheletri di amori (in)compiuti e poet(esse)/i maledett(e)/i. La schizofrenia ormai non è nemmeno più latente. Le turbe sono anzi le più pure e profonde di sempre, già (in)calzanti e (in)capaci di prendere una posizione definitiva al di là o al di qua della linea che divide la (in)sanità mentale dalla vita quotidiana. Il sentimento morboso (l'amore, è chiaro) che popola alcune di questa dodici creature (ultra)terrene ("Bathysphere", cover dall'eccentrico "Wild Love" di Smog, prima marziale e giocosa, è resa ora liquida ma cosmica e caotica da echi elettr(on)ici (in)controllati) è in effetti dipanato con misura tra punk rock, folk e blues, ma resta comunque un coacervo di generi e disturbi mentali (pensiamo anche solo un attimo alla Harvey di "Rid Of Me") che non accenna a diminuire (e anzi si amplifica) nemmeno nel(l')(in)felice epilogo (con voci dialoganti a contraltare) di "The Coat Is Always On".
Il problema non sta tanto nella qualità del disco: il problema (che poi tale, in fondo, non è) risiede piuttosto nel fatto che il suono fa effettivamente pensare a poco più di una demo spartana. Molte volte i ritornelli ripiegano su soluzioni incredibilmente drastiche ("Water & Air" è un rito di autodistruzione, una donna che si crogiola nel proprio dolore o, vista altrimenti, che urla ubriaca la sua infelicità), altre volte, invece, -e sono tante- semplicemente non esistono, annacquati come sono nella loro stessa disperazione non-sense (la sinistra "In This Hole" è scandita da campanelli stonati). Bisogna dare atto a Marshall di aver preso coscienza delle sue fobie e delle sue oppressioni, ma non di aver dato il giusto peso alla sua bravura come cantautrice, costretta com'è (da qualcuno o da una semplice indecisione personale che non la porta ancora a riconoscere la validità dei suoi mezzi) a suonare cover (di nomi eccellenti per giunta) per impreziosire l'opera. Come una delirante Capgras, Marshall sembra tuttavia convinta almeno della sua capacità di trascinatrice, e vede forse nella sua "Nude As The News" (il solito intro di chitarra elettrica che esplode, con la voce mai così ululante, in un dirompente marasma di batteria) un inno di ribellione per le generazioni a venire. Come del resto anche Harvey (e molte altre, soprattutto Germano), Marshall ha portato il dolore in musica. Lontana dagli eccessi come dall'idea di icona irraggiungibile così cara agli anni Ottanta (Kate Bush e Debbie Harry docet), possiamo dire finalmente di trovarci di fronte a una donna come tante. Come tutte. Che soffre, piange. Cresce.
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