Incredibile, ma vero, manca una recensione di questo cult di Cat Stevens!
Per colmare la lacuna devo tornare indietro di ben 45 (quarantacinque anni) per riesumare quello che a mio parere è il capolavoro dell'autore inglese figlio di padre grecocipriota, giudizio all'epoca d'uscita ampiamente condiviso dai coetanei, nonostante gli illustrissimi predecessori: "Catch a Bul at Four", "Teaser and the Firecat" e "Tea for the Tillerman", album di tutto rispetto, con brani memorabili entrati nella storia della Musica, più o meno leggera. Con "Fireigner" Cat, fa un passo avanti per mezzo della complessa "Suite" che occupa l'intera prima facciata, aiutato o spinto da una certa tendenza in voga in quel periodo, basti pensare a "Close to the Edge" uscito l'anno prima e al Disco di Mike Olfield suo contemporaneo.
Ascoltata oggi la suite, il brano più lungo scritto e musicato da Stevens, appare ancora freschissima e scorre via che neanche te ne accorgi, nonostante l'elevata la longevità. Suo degno corollario sono i 4 brani del lato B, fra i quali forse ancor più celebre è "The Hurt" in cui la grinta del nostro eroe è nel pieno del suo fulgore, per smorzare la quale passa il solco alla lenta ballata di "How Many Times", piuttosto adatta, sempre ai tempi per il classico lento da intorto. Molto più ritmata e complessa segue "Later", brano caratterizzato da cambi di ritmo e riprese sviolinate che portano alla logica e congruente conclusione in "100 I Dream" altro pezzo assai ritmato e pervaso dalla voce contrastata ed inconfonbile di Cat
Ritornando all'album, molti non sapranno a cosa è dovuto il suo titolo ed io non sto qua di certo a svelare quanto noto, ovvero che Stevens, arricchitosi a dismisura grazie al successo riscosso dai tre album precedenti e tampinato dal fisco britannico, certamente più "preciso", almeno negli anni '70 di quello nostrano, pensò bene di smammare almeno per 6 mesi all'anno dalla Perfida Albione per rifugiarsi in quel paradiso, non solo fiscale, che doveva essere il Brasile d'allora, dove però egli si sentiva un'esule "straniero" (poverino!). Di conseguenza l'album fu registrato e prodotto in Giamaica, isola all'epoca. molto ben attrezzata per questo genere d'imprese grazie al passaggio del tornado Marley e della musica raggae in genere, inoltre a dispetto dell'accoglienza lusinghiera del suo pubblico non fu altrettanto ben accolto dalla critica che ne sminuì il valore ed anche per i motivi di cui sopra non rese concretizzabile un tour promozionale, cosa assolutamente necessaria a quei tempi poveri di rilanci sui media più disparati come oggi giorno. Ciò ne decretò di fatto un relativo insuccesso, il primo della sua lunga carriera, salvo in Australia dove viceversa raggiunse picchi di vendite dovuti forse alla numerosissima colonia di origini greche colà stazionata.
Difficile prevedere l'accoglienza di un album del genere nel pubblico moderno, a me poco importa ed il mio giudizio rimane fermo, di certo "Foreigner" rappresentò l'apice della carriera musicale di Cat Stevens che già dal successivo "Buddha and the Chocolate Box" inizia l'inesorabile crisi musicale e non. Grafica poverina o se preferite essenziale, in bianco e nero; qualità tecnica del vinile migliorabile e viceversa peggiorata nella digitalizzazione su CD.
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