Un disco scuro e atmosferico, Gran Calavera Elettrica (Mescal), un album in cui Cesare Basile canta tormentate storie soffuse da una flebile luce di sensazioni sottili come seta. Un disco meraviglioso e duro, dal realismo cupo. Quest'album ha un fascino sconfinato, ma vi si rivelerà solo di volta in volta. Distante dalle luci ed immediate emozioni dei precedenti Stereoscope e Closet Meraviglia, Basile qui si è guardato dentro.

Un disco contemporaneo che, oltre ad essere una precisa e completa sintesi degli ultimi dieci anni di musica alternativa italiana, lascia intravedere vibrazioni che potrebbero piacere ai Calexico, od a Nick Cave e Tom Waits. Prodotto da John Parish (già collaboratore degli Eels, PJ Harvey e altri, nonché eccellente musicista), che con tocco fatato e lo-fi ha contribuito senza invadere, Gran Calavera Elettrica s'imprime inesorabilmente nel profondo dell'anima di chi lo sa ascoltare.

Un grande cantautore il catanese Basile, un'autorevole voce che procede a volte severa e radicale, altre volte meditabonda ed afflitta, per improvvisamente esplodere in rari attimi liberatori che esprimono una turbata rabbia repressa.

Disco difficile questo, borderline, maturo, che canta di miserie e d'emarginazione, di solitudini e disperazione. Venato dal blues più denso e viscerale - a tratti illuminato da un'elettronica notturna - è un lavoro crudo in apparenza, ma in realtà assai raffinato ed intenso. Le melodie spezzate ed i suoni sghembi, le voci mai scontate di Nada, Valentina Calvagna e Marta Collica, l'atmosfera cinematografica, la poesia diretta delle liriche, la straziata religiosità di fondo… tutto ciò rende questo lavoro ruvidamente elegante ed appassionante.

Inutile descrivervi le canzoni una per una. Potete capire solo ascoltando. Inestimabile.

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