Oh Cesare, mio caro Cesare.

Nell'articolato garbuglio che è la mia infanzia musicale, venduta al classic rock e al jazz (con tutti i suoi figlioli), la luce più luminosa è sempre stata Cremonini... alla fine il sabato mattina in casa si accendeva la radio e nei primi 10 del duemila andava lui, e andava forte.

Aggiungiamo che "La nuova stella di Broadway" è la canzone preferita di mia mamma (unica in casa a vivere la musica come una persona sana e normale, nonchè la vera artista di casa), sempre Cesare girava in casa.

Inizialmente ne conoscevo due o tre, poi nella mia maturità musicale ho scavato in ogni angolo, ho riesumato i lunapop, ho assiduamente aspettato le nuove uscite, sono stato per una volta nella vita un fan attivo (e non fan di band che non esistono più... o meglio esistono... ma non esistono).

Cesare ha anche accompagnato il primo amore e quelli a seguire con "poetica", ha accompagnato le rotture e le storie mai iniziate... insomma è una costante colonna sonora della mia vita, perenne ed irrinunciabile.

Però Cesare è anche un artista pazzo pazzo artista... fuori dagli schemi, e già con "possibili scenari" e "la ragazza del futuro" ha intrapreso una strada verso suoni pop anni '80 che mi apparterrebbero se strizzassero l'occhio al rock e non alla disco dance (che avrei comunque voluto assolutamente vivere).

Perciò "Alaska Baby" mi fa dire: "meh", mi aspetto tutt'altro rispetto al cantautorato pop di "logico", "primo bacio sulla luna" o "la teoria dei colori", quel cantautorato che mi ha fatto innamorare; lo temo? Si, lo temo.

Questa enorme premessa per capire con che approccio guardo questo nuovo album, innamorato ma diffidente, come una bella ragazza ma notoriamente stronza.

Schiaccio Play: "Alaska Baby", title track subito ad accoglierci e capisco che forse non è partito per la tangente ma è rimasto ancora ancora in quel cerchio di perfezione in cui ha sempre camminato.

Mi ha spiazzato (e rido mentre lo scrivo e l'ascolto...), ha unito influenze diverse, una base urban extra bass inizialmente su un ritornello molto alla "Un giorno migliore", capisco che sta unendo innovazione a passato... bene.

Andando avanti confermo che alterna un sound più moderno ed in un certo modo americano come "Dark room" (anche se strizza incredibilmente l'occhio agli AM e quindi al rock britannico, pertanto mia traccia preferita dell'album) alla poesia del cantautorato italiano in "San Luca"... quelle melodie lineari, un piano, dei Violini, una batteria soft e una poesia che galleggia sopra queste dolci onde disegnate da note leggere, come se sullo spartito stesso fossero sfumate, impercettibili, essenza stessa nelle loro vibrazioni, stile "La nuova stella di Broadway" per intenderci (non al livello di quel capolavoro però).

Lo stesso ragionamento mi viene da fare con "Un'alba rosa", molto alla "Nessuno vuole essere Robin".

Sia chiaro, per me dire che le nuove tracce mi ricordano sue vecchie canzoni, che sono capolavori, è una cosa positiva, perché ho sempre temuto che quelle sensazioni, quelle corde della mia anima, non potesse più arrivare a toccarle con musica nuova, proprio per la tangente di cui parlavo prima.

Invece sono sollevato e rincuorato nel sentire la stessa poesia su un sound anche più moderno e sempre molto instrumental (io figlio di "Figlio di un Re"), tra chitarre, archi, pianoforte sempre favoloso... una produzione davvero ricca e orchestrale (mentre lo scrivo ascolto ancora "Un'alba rosa" e torno a pensarlo con "Una poesia", dal titolo potevo aspettarmelo...), sono felice di questa dimensione in cui sono capitato.

Certo quei brani più "disco" (definizione comunque azzardata) e deboli ci sono, un po' più movimentati e figli di oppiacei (figuratamente per carità, ci siamo intesi), ma Cesare... va bene lo stesso.

Non posso non chiudere se non con "Acrobati", non ne parlo alla fine perché è l'ultima traccia, ma perché è una conclusione perfettamente malinconica del mondo in cui per un'ora ho vissuto. Devo dire una canzone abbastanza Sanremese, molto potente e struggente, ce l'avrei vista bene. Testo profondo, produzione eccezionale e quell'extra bit casualmente inserito a metà non mi è dispiaciuto e anzi, ha molto senso: perché la malinconia iniziale si trasforma in carica, come una sorta di rinascita dalle ceneri, quello star male che in un impeto di vita si trasforma in combattività... come degli acrobati tra le rovine.

Sarà che avevo bisogno di questo e Cesare mi ha dato questo? Si, certo, ma è per questo che lo ascolto.

(P.S. ricorda un po "Tattoo" di Loreen o sono io?)

In co clusione: passo avanti rispetto a "Possibili scenari"? No, 2 capolavori fanno 10 album ("Poetica" da sola ne fa 8), però passo avanti rispetto "La ragazza del futuro". Sperimentale il giusto, innovativo il giusto, rimanendo nello stesso fantastico mondo concreto e sognatore alla Cesare.

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