Il nome di Cesària Evora è già comparso, qualche giorno fa, su queste pagine, per la prima volta, senza peraltro suscitare particolare attenzione. Male, malissimo, un'artista di tale calibro merita tutto il meglio che le si possa tributare, merita che se ne parli il più possibile. Cèsaria appartiene a quella ristretta cerchia cantanti che hanno avuto l'onore di essere ambasciatori della propria terra d'origine, del proprio popolo, della propria cultura, e di averlo fatto nel migliore dei modi. Capo Verde, un pugno di piccole isole nell'oceano Atlantico, poco al largo della costa del Senegal, terra di pescatori, a cui il colonialismo portoghese ha lasciato in dote una preziosa eredità: una musicalità che, unendosi alle tradizioni locali, ha dato vita a due generi endemici, la Morna e la Coladeira. Più languida e malinconica la prima, allegra e rilassata la seconda, sono due facce della stessa medaglia, lo strumento portante è il cavaquinho, fondamentalmente una variante della classica chitarra acustica, accompagnato da percussioni tradizionali e stumenti a fiato come il clarinetto e le trombette, oppure da violini e fisarmoniche. Strutture semplici ma arrangiate con un'eleganza quasi insospettabile che, unite ad una voce d'oro come quella di Cèsaria Evora, danno vita ad un'insieme dalla personalità molto riconoscibile e, soprattutto, di immenso fascino.

Il primo CD di questo ricchissimo ed esauriente doppio best of inizia con una reinterpretazione dell'evergreen latino "Besame Mucho", ed è già un colpo al cuore. Espressione ad effetto che però non rende bene l'idea: Cèsaria il cuore non lo colpisce, piuttosto lo brucia lentamente, ammaliando con il suo timbro caldo, ricco, che nella sua semplicità priva di inutili orpelli trasmette un'eleganza sublime. Per un pezzo del genere non esiste voce migliore, una voce che riesce a trasmettere tutta la passione, l'intreccio tra spirito e desiderio, lo spleen romantico insito in questa melodia. Tutte caratteristiche proprie della Morna, che si ritrovano anche in "Sodade", scarna e crepuscolare, che nel 1992 la fece conoscere al mondo, e "Petit Pays", "Cize", "Beijo Roubado", "Mar de Canal", "Voz d'Amor" e "Mar Azul"; "Miss Perfumado" e "Flor Di Nha Esperanca", che spiccano per l'elegantissima ricercatezza degli accompagnamenti orchestrali. In tutte queste canzoni c'è sì la malinconia, un pizzico di tristezza, i colori del crepuscolo, ma anche una vitalità inestinguibile, un orgoglioso attaccamento alle propie radici e un profondo amore per la propria terra, che in "Cabo Verde Terra Estimada" assume una dimensione quasi idilliaca, oppure più sofferta in "Sangue de Beirona" con i suoi controcanti salmodiati.

Dove c'è brio e leggerezza invece non mancano mai una sobrietà, un grazia e un senso della misura che bilancia perfettamente l'insieme e conferisce alla musica di Cèsaria Evora una dimensione tutta sua: "Carnaval De Sao Vicente", "Mas Un Sonho", "Badju Sabi" e "Fala pa Fala" sono delizie orchestrate e spumeggianti, ma secondo me i picchi più alti di fascino si raggiungono negli episodi dove l'ossatura acustica è più evidente, penso a "Tchintchirote", "Verde Cabo di Nhas Odjos" e soprattutto l'accoppiata "Serpentina"-"Velocidade", poste immediatamente dopo "Besame Mucho": in queste due canzoni si coglie appieno tutta l'essenza e la bellezza della vocalità e della musicalità di Cèsaria, che i ritmi andanti e la sinuosità di queste due melodie esaltano in tutto il suo proteiforme carisma. "Serpentina" ha un carattere sensualmente enigmatico, "Velocidade" una nonchalance quasi vezzosa, entrambe hanno un fascino unico.

La musica di Cèsaria Evora fà bene all'anima, ed è un perfetto esempio del bello e del buono che può esserci al mondo; fidatevi di me, ascoltatela, fatela vostra, interiorizzatela. Ma non per far contento il sottoscritto, questo è un consiglio che vi dò perchè vi voglio bene, cari miei lettori.

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