Leggere Bukowski alla mia età dovrebbe essere proibito, anzi andrebbe vietato ai "minori di trenta anni". Perché?, ma perché ci ritrovi dentro disperazione, cinismo, perversione, morte e tante anime dannate e tormentate, fotocopie sbiadite della realtà che ci circonda in questo terzo millennio che puzza più di una fogna a cielo aperto, ma "globalizzata".

Non mi colpisce più al cuore? Forse.

Non mi fa sentire più a disagio? Forse.

Non mi "schifa" più? Forse.

Eppure in meno di ventiquattro ore ho letto questi racconti, editi in USA nel 1983 con il titolo originale "Hot Water Music" (per carità non usiamo il titolo tradotto: "Musica per organi caldi"): narrano di un mondo di 30 anni fa dannatamente attuale, disperatamente da incubo, lontano dal Sogno Americano quanto la violenza dalla mente di Gandhi.

Questi 36 racconti, raccolgono storie di pura fantasia, talora "mefistofeliche", in un turbinio di folla in moto perpetuo, ma pur sempre immobile ed arroccata sulle posizioni conquistate. Il nostro ubriacone non rinuncia ad episodi sicuramente autobiografici, che ci fa arrivare attraverso uno dei suoi alter ego, Hank Chinaski.

Nel racconto "Come farsi pubblicare" fa pronunciare al suo artista la celebre frase: <<La genialità sta nell'abilità di esprimere concetti profondi in modo semplice>>. In poche parole spiega tutto il suo "modo" di scrivere, di proporsi e tutta la sua voglia di farsi capire: strano ed inusuale per gente come lui!

Accidenti però, Bukowski sarà sempre un vecchio satiro ubriacone, un maledetto scrittore stronzo, ma dietro a quella maschera spesso repellente e dissacrante, fa capolino, come succede nei back-stage che non dovresti vedere, un animo sensibile e tormentato.

Che altro aggiungere? Non so, forse avrei dovuto finire da un pezzo o non incominciare affatto...

Ok, poche altre righe: le anime di cui narra vengono trattate quasi con amore, dolcezza ed infinita rassegnazione, ma mai con superiorità o supponenza. D'altronde è sempre lui che scrive: << Tutti gli scrittori sono dei coglioni. Ecco perché sentono il bisogno di scrivere>>.

Sorry, Mr Bukowski, e i non scrittori? Grande Charles, give me five...

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