Chavela Vargas si aggirava per il Messico, negli anni '60, vestita da uomo, con sigaro in bocca e pistola al cinturone. Personaggio fuori dalle righe, si dichiara pubblicamente lesbica all'età di 81 anni, dopo essere diventata un'icona della musica ranchera per la sua voce straordinaria e per le sue struggenti interpretazioni. Negli anno '90 la sua carriera viene rilanciata dall'interessamento nei suoi confronti dell'industria cinematografica, comparendo nelle colonne sonore di Almodovar e recitando in "Grido di pietra" di Herzog e nel film su Frida Khalo di Julie Taymor.

Detto ciò, devo dire che la musica ranchera non la digerisco troppo e che anche la sua voce mi annoia alquanto: non amo le voci femminili. Questo disco però mi piace davvero molto. Nei dischi registrati in vecchiaia la sua voce é roca ed espressiva, decisamente più interessante che nei suoi lavori giovanili, e per di più questo disco si allontana musicalmente dallo stile ranchero: infatti si tratta di una reinterpratazione dei suoi classici introducendo strumenti musicali tipici della cultura precolombiana. Il disco vuole creare un ponte ideale tra la musica messicana del '900 e quella delle popolazioni preispaniche.

Questa voce antica (87 anni!), accompagnata, oltre dalla chitarra classica, anche da strumenti a fiato vari e percussioni indie evoca la prossimità alla terra e agli ancestri, propria di chi, quasi arrivato alla fine, non ha che da alzare la testa per vederli all'orizzonte. Il tutto é accentuato dall'uso di rumori naturali della foresta, legati al fatto che alcune tracce del disco sono state registrate in prossimità delle rovine precolombiane.

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