Rob Arnold, chitarrista di Chimaira, dice: "There's something for everyone on this record... everyone that truly loves metal that is". E dopo aver ascoltato "Resurrection" posso assolutamente confermare quanto affermato, perché il loro quarto disco segna un distacco (già in parte anticipato dal precedente lavoro omonimo) rispetto al passato, quando la band si collocava nel settore del new metal.
"Resurrection" racchiude l'essenza di cosa comporti essere pesanti e metallici al tempo stesso evitando di catapultarsi indietro nel tempo o lasciarsi avvolgere dai ricordi.
Tredici brani formidabili, cupi, personali, esplosivi, contaminati quel tanto che basta per impreziosirli, epici, assimilabili tanto agli Slayer quanto ai Nevermore, potenti, ruvidi, fluidi, ricolmi di riff mostruosi, con una sezione ritmica in perenne mutazione, una batteria pestata all'inverosimile e un groove pauroso. Le tracce paiono messe lì apposta per devastarvi.
A un passo dalla storia.
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