Figli rinnegati di una gothic-wave che nata oscura e graffiante negli aridi States si spostò quasi subito a germinare in Europa, i Christian Death hanno vissuto alterne fortune nell'arco di quasi trent'anni, sfornando almeno un paio di album-cardine del genere e scendendo poi una dolorosa china fino ai giorni nostri.

La lunga serie di dischi pretestuosamente blasfemi e provocatori che già nell'88 proponeva l'orrido Cristo che si faceva una pera (sulla copertina di "Sex Drugs and Jesus Christ") nel 1990 fu temporaneamente interrotta dall'uscita del disco in questione: "Insanus Ultio Proditio Misericordiaque". Disco che lì per lì fece gridare al miracolo i fans della prima ora, preoccupati della piega che la vena artistica del chitarrista-vocalist Valor stava prendendo. Orfano da tempo di Rozz Williams e quindi dell'ottimo batterista David Glass e della moglie Gitane DeMone, Valor nel '90 tentò infatti la mossa di un album di sintesi capace di ridare lustro al nome della band dopo l'ambizioso passo falso di "All the love, All the hate" del 1989. Abbandonando quindi quella dicotomia incerta fatta di atmosfere decadenti/psichedeliche e rozzi campionamenti metal/punk, il riccioluto superstite mise insieme una manciata di brani inediti di repertorio, in parte riaggiustati, e rilanciò una sorta di lineup fantasma. Sempre dominando con la sua inconfodibile voce, ma rimescolando le carte così ad arte da far quasi credere che la band si fosse rimessa insieme per un ultimo saluto coraggioso alle glorie del decennio passato.

In verità Rozz Williams e Gitane DeMone in questo disco compaiono alla stregua di ospiti per gentile concessione e di fatto non occupano più di un 20% dell'intera tracklist. Valor stesso, nel ricco booklet dell'album, oltre ai soliti disegni spitturacchiati scrive di suo pugno una dichiarazione che nemmeno troppo velatamente dice come stanno le cose. "Insanus" è una curiosa, curata, variopinta raccolta dei Christian Death migliori con sopra una spolverata di smalto dorato. Lo denotano i numerosi suoni campionati (mai usati prima nel periodo rozziano), qualche sfumatura elettronica, le basi ritmiche ossessive e visibilmente in versione demo, l'imprecisione delle tracce vocali. E poi, in ogni caso, l'impasto è troppo eterogeneo per far dubitare che si tratti di un disco nuovo di pacca. Si comincia con la pomposa marcia pestilenziale in onore del figlioletto Sevan, per proseguire con lo scioglilingua elettrofunk di "Malus Amor" (con l'ennesima tiritera valoriana viviamo per amare o amiamo per vivere, ecc.) e l'oscuro incedere di "Tragicus Conatus" (strumentale derivato dalla lezione dei Current 93), per riportare in vita Rozz Williams nel blues maligno di "Vexatio" (brano comunque con poco appeal e francamente fuori luogo). A seguire la bowiana "Somnium", venata di suggestioni glam trasognate, che fa un tutt'uno con la successiva "Venenum" (dove Gitane duetta con l'ex-marito e riporta le atmosfere indietro di qualche anno, più o meno ai tempi di "The Scriptures"); si chiude con la dialogia "Mors Voluntaria" e "Vita Voluntaria", semi-strumentali di matrice esoterica che non aggiungono nulla di nuovo a quanto già sperimentato in album precedenti.

Insomma, prima di cedere all'oscena tentazione di imporsi definitivamente come band di rottura, marginale, libera da ogni moralità imposta e purtroppo votata al fallimento musicale, il progetto di Valor nel 1990 seppe dimostrare che i Christian Death non erano stati un episodio di rincalzo sulla nutrita scena dark mondiale. Pur conscio di non poter fare qualcosa di memorabile da solo, con "Insanus" diede prova di una capacità creativa ancora legata a contenuti culturali, recuperando materiale da non sprecare e mettendoci ampiamente del suo.

Album sicuramente eccelso se paragonato a certi grezzi pasticci di suoni intitolati (traduz.) "Il Dio della morte sexy" o "Messia pornografico"; ma certo troppo bizzarramente collage per avere la coerente eleganza evocativa di capolavori come "Catastrophe ballet".

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