È stato un anno difficile. Tutto è cominciato in qualche modo lo scorso settembre, quando mio padre è stato colpito da un infarto. Avevo già qualche problema irrisolto con me stesso e i miei rapporti con lui ultimamente erano particolarmente tesi. Così abbiamo avuto uno scontro particolarmente violento. Sono cose che succedono purtroppo. Voglio dire, la verità è che è dannatamente difficile parlare con le persone e per quanto possa sembrare assurdo, questo è così dannatamente difficile anche se la persona con cui cercate di parlare è qualcuno che dovrebbe conoscervi meglio di chiunque altro, qualcuno che vi conosce sin dal momento in cui siete nati.

Abbiamo avuto questo scontro. E il giorno dopo lui è stato male ed ha avuto un infarto. È stato un momento difficile, diciamo che se l'è vista brutta, ma per fortuna si è rimesso. Voglio dire, adesso sta bene. Certo è comunque reduce da infarto e dovrà prendere delle medicine per tutta la vita, sottoporsi periodicamente a dei controlli e magari darsi una regolata per quello che riguarda la sua vita in generale - cosa che non ha fatto e che non farà mai, ma non è che tu puoi cambiare di colpo una persona dopo una vita intera... - ma nella sostanza non sembrerebbe avere problemi cardiologici particolari. Per quanto riguarda me, invece, non sono mai più uscito da questa situazione. Mi spiego. È come se si fosse definitivamente rotto qualcosa. Da quel momento in poi tutte le volte che ho cercato di rialzare la testa, immediatamente c'è stato qualche cosa che mi ha subito buttato giù. Come se giocassi perennemente al gioco dell'oca: tutte le volte devo ricominciare dal 'Via'.

Cercando di farmene una ragione, di provare a capire qualche cosa di tutto questo e di quale meccanismo mentale sia scattato, provo a parlare anche di questo disco. Che è una collaborazione, ma non la prima in assoluto tra il versatile e infaticabile multistrumentista di base a Tokyo, Giappone, Jim O'Rourke e il chitarrista e musicista austriaco Christian Fennesz. I due hanno collaborato assieme diverse volte e stabilmente fino al 1999 in un progetto con il musicista elettronico britannico Peter Rehberg. Ma va detto che questo ultimo lavoro è qualche cosa di diverso da quello che avevano proposto precedentemente.

Registrato tra Kobe, Kyoto e Tokyo lo scorso settembre, 'It's Hard For Me To Say I'm Sorry' (Editions Mego) consiste in due lunghe sessioni di cristalline e splendenti, vibranti come cristalli composizioni sonore. Ma questa volta più che di altre, ritengo che addentrarmi in specifiche di natura tecnica, abbia veramente poco senso. Tutto quello che conta relativamente questo disco è quello che questa esperienza sonora trasmette all'ascoltatore in termini di emozioni e di sensazioni.

Eccomi che mi sento come se finalmente stessi per toccare con mano un punto di equilibrio all'interno di tutta la mia intera esistenza. Ho un sogno. Sono in Canada e con il mio migliore amico abbiamo aperto un nostro pub in una piccola cittadina di periferia. Non mi piace il freddo e odio l'inverno ma tutto questo in questo preciso istante non ha nessuna importanza. Tutto attorno a me c'è solo la neve e questa ricopre i tetti delle piccole case che costeggiano la strada principale della cittadina. Guido la mia automobile a una velocità contenuta mentre il sole si riflette sulla superficie del lago. Guardo il panorama che scorre attraverso il finestrino e ascolto quello che si può definire il silenzio del rumore e annuso il profumo della fredda rugiada mattutina. Prendo una sigaretta, la accendo e comincio a fumare lentamente e inalo forte e sputo fuori delle nuvole di fumo di tutti i colori che lentamente prendono a scivolare attraverso lo spazio lasciato aperto del finestrino. Mi sento tranquillo. Riesco a sentire il momento. Sorrido.

Quante volte avrò detto che mi dispiace, nel corso di tutta la mia vita. Davvero. Penso di dire, 'Mi dispiace,' centinaia di volte al giorno e ogni volta a delle persone diverse e per ogni ragione possibile. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace... Mi dispiace veramente. Ma la vera ragione per cui lo ripeto così tante volte, probabilmente, è solo perché così è più facile. È più facile dire che mi dispiace, se lo ripeto più volte. Ma così non vale. È tutto un imbroglio, una farsa, una completa illusione. Mi prendo in giro da solo.

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