Potrà sembrare incredibile ma in campo cinematografico può capitare che, oltre realizzare un film, ci sia chi commetta un film . Perlomeno, a rivedere a distanza di tempo certe pellicole, si rimane perplessi per molte ragioni legate a datate concezioni in relazione a ciò che era pop e audace in un determinato frangente storico. E insorge pure il sospetto che il film di cui si discute fosse già allora un'autentica "ciofeca" (termine gergale per indicare un'opera perlomeno di dubbia qualità) .

Si veda ad esempio "Candy e il suo pazzo mondo" uscito nel 1968 ma arrivato in Italia nel febbraio 1970 (chissà la nostrana censura l'avrà considerato troppo audace ..) . In una fase come quella di grandi mutamenti a livello di mentalità e costumi, un film così bizzarro e sbilenco poteva essere una proposta come tante altre mirate ai gusti innovativi delle inquiete masse giovanili. Addirittura il soggetto era ispirato al famoso libello "Candide" dell'illuminista Voltaire e lo trasportava ai tempi moderni , con una giovane protagonista di nome Candy (interpretata da Ewa Aulin). Costei è una studentessa che, durante le noiose lezioni universitarie, si astrae nel suo mondo dei sogni . E a livello onirico la ragazza si immagina coinvolta in assurdi incontri con uomini più o meno bizzarri, che non appena l'approcciano fanno in tutti i modi di sfogare le proprie pulsioni libidiche . Questo suscitando in lei uno stupore in relazione a certe disavventure che la coinvolgono. Ma la fase onirica si esaurisce inevitabilmente e Candy si ritroverà sempre in un'aula universitaria a seguire le solite lezioni.

La pellicola può essere giusto liquidata come un innocuo divertissement sia per il regista (Christian Marquand) , sia per tutti gli attori che recitano e sono di grande calibro come Marlon Brando, Richard Burton, James Coburn, Walter Matthau, perfino Ringo Starr (solo per citarne alcuni). D'altra parte però che la trama ruotasse intorno ad una ragazza bionda carina era già in linea con l'affermato stereotipo dagli anni 50 della ragazza (bionda) del peccato. Da Marilyn Monroe e Brigitte Bardot si seguiva il canovaccio della giovane attraente che eccitava visibilmente gli uomini circostanti. Ed Ewa Aulin non costituiva, in tal senso, una grande novità.

Forse, per i parametri del cosiddetto buon costume dell'epoca, il film poteva essere considerato audace (tutti quegli uomini attorno a Candy che desiderano solo farsela..). Ma era solo una delle tante pellicole in circolazione che ruotavano intorno al tema della liberalizzazione dei costumi e del sesso. A vederlo adesso "Candy" è più allusivo che esplicito, tuttalpiù malizioso, con questa Ewa Aulin così fintamente ignara di come va il mondo (i genitori forse non le hanno accennato all'educazione sessuale?) . Quasi un film per tutti, se si pensa a cosa si può trovare oggi sul web .

È ad ogni modo un film invecchiato male, montato in modo confuso da un regista un po' approssimativo, al punto che lo spettatore si perde un po' a seguire le peripezie di Candy e non sempre riesce a cogliere il fil rouge della trama. Se proprio qualcosa si salva è la parte in cui Marlon Brando regge la scena nei panni di un guru fachiro indiano. È azzeccata la sua interpretazione di un tipico personaggio in voga a quei tempi, ovvero un uomo tanto dedito alla trascendenza spirituale da non disdegnare però i piaceri materiali del sesso e del cibo. Un cameo di gran classe, certo, ma non sufficiente a risollevare le sorti di un film sconclusionato e destinato al macero della storia.

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