Norman Mailer disse della Beat Generation: "These kids think they invented fucking." Lo stesso si potrebbe dire della cultura woke (sebbene "cultura" e "woke" siano concetti contraddittori): credono di aver scoperto l’inclusività sessuale, ignari che già nel secolo scorso ménage a trois e esplorazioni di ogni meandro sessuale (interpretatela come preferite) erano ben diffusi.
Carrington racconta la vita della pittrice Dora Carrington (Emma Thompson), che detestava il proprio nome (anche questo interpretatelo come volete), e dello scrittore Lytton Strachey (Jonathan Pryce), omosessuale dichiarato. Entrambi, di famiglia benestante e legati al Bloomsbury Group (il cui volto più noto fu Virginia Woolf), si incontrano in Inghilterra mentre sul continente infuria la Grande Guerra. Strachey, obiettore di coscienza, conquista molte simpatie. Carrington, androgina e complessa, ne è affascinata, mentre il suo “fidanzato” Mark Gertler - che vorrebbe consumare la loro relazione - incoraggia l'amicizia tra i due. Ironico che la sua opera più celebre si intitoli Merry-Go-Round, che sarà il filo conduttore del destino di Carrington, anche se solo marginalmente "merry".
Nel 1917, Carrington e Strachey iniziano una convivenza, poi allargata a Ralph Partridge in un ménage a trois che dura anni e culmina nel matrimonio tra Carrington e Partridge. Con il successo letterario di Strachey, la casa si ingrandisce e il ménage si estende a sei. Ma dopo una temporanea bonaccia, la crisi è inevitabile.
Anche se questa non è una puritana produzione Merchant-Ivory non aspettatevi lunghe e pruriginose scene di sesso: ce ne sono poche, e servono solo a evidenziare il disagio dei personaggi. Il cuore del film è la dinamica affettiva, con Carrington nel ruolo di chi ama, e Strachey in quello di chi prevalentemente si lascia amare.
Diviso in sei capitoli, il film risente di un budget limitato per i costumi (Carrington indossa più o meno sempre gli stessi abiti nonostante il ventennio narrato), ma vanta una colonna sonora impeccabile di Michael Nyman. Negli ultimi due capitoli, mentre la storia scivola verso il dramma, i dialoghi lasciano spazio alla sua musica perfetta. Una scelta impeccabile che sottolinea come non ci fosse più altro da dire tra i personaggi.
Non un film imperdibile, ma interessante, diretto da un regista noto soprattutto come sceneggiatore per gli adattamenti conematografici di Dangerous Liaisons e Atonement.
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