"Se capitate al Tropicana Motel, guardatevi da Chuck E. Weiss, potrebbe vendervi il buco di culo di un topo come una fede nuziale"
Tom Waits

Chuck E. Weiss potrebbe benissimo essere lo zio sporcaccione che tutti abbiamo sempre sognato e mai osato chiedere, incastrati tra un papà indefesso lavoratore e una mamma con il rosario tra le dita. Lo zio che ti racconta la sua vita annegata nelle sentine del vizio, trascorsa cercando di capire se il tempo passa nella hall di un albergo o di un night sulla Sunset Strip di West Hollywood L.A., tra quei personaggi che sono stati baciati dal successo mentre lui continua suonare per se stesso e per gli amici fino a che le luci dell'alba costringono il personale a buttarlo fuori.

Gli amici, quelli veri come Tom Waits e Rickie Lee Jones che avevano una stanza in comune al Tropicana e che tra alcool fumo e sesso ne dividevano le storie, come quella di Chuck che telefonava da chissà dove e che andò a finire con il titolo di "Chuck E.'s in love" nel fortunato disco di Rickie. Con quella faccia potrebbe essere benissimo uno dei personaggi dei film malavitosi  di Scorsese ed invece era un batterista che in gioventù aveva servito gente del calibro di Muddy Waters e Willie Dixon. La scossa fu l'incontro con Tom Waits nel 1971 e l'inizio di una lunga amicizia e collaborazione che li porterà a rubacchiare l'uno dall'altro. Con la differenza che Chuck se ne fregava di fare dischi e addirittura quando nel 1981 uscì il suo "The Other Side of Paradise", che non era null'altro che un demo tape, scagliò mille maledizioni di ebreo non osservante sulle teste di cazzo dei discografici che l'avevano pubblicato contro la sua volontà.

Così per lunghi anni ha continuato a suonare dal vivo nel night club The Central quella miscela tra rock'n roll, delta bues, jazz, cajun che per lui è l'american music, fino a convincere Johnny Deep a rilevare il locale per trasformarlo nel Viper Club. Chissà mai perché Chuck si è risvegliato nel 1999 dal lungo torpore discografico e ha spiattellato fino ad oggi altri tre dischi, forse lui risponderebbe come al solito che era la cosa sbagliata da fare e per questo l'ha fatta.

Magari sarà anche la nostra medesima constatazione dopo aver ascoltato il primo brano del disco, questa "Prince Minsky's Lament" che rappresenta un po' la summa del suo modo di essere, un boogie-blues indolente che dondola sulla ritmica strascicata fatta apposta per la storia snocciolata da Chuck in bilico tra cantato e parlato. E' un personaggio straordinario, di quelli che esistono solo nei film come "The Big Lebowski" dei fratelli Coen, perché nessuno si sognerebbe di dedicare un pezzo a Sterling Holloway (Sho is cold) imitando la voce da "cartone animato" del grande doppiatore della Disney in un lungo racconto swingato dal sax tenore e dal baritono.

E' proprio quello dei cartoons il mondo di Chuck, il mondo surreale di Tex Avery dove ti può succedere di tutto, essere spiaccicato dal treno in corsa e subito dopo rialzarti rimettendo a posto i pezzi sparsi dovunque per correre incontro alla prossima  spassosissima morte. Basta ascoltare la title track sottotitolata "An Incident with Marshall Bell" (attore amico di Johnny Deep) con la sua voce miagolante condurre un notturno jazz per entrare dritto nell'atmosfera viziosa del Viper Club dalla porta del retro, just in time per ascoltare una "Primrose Lane" d'altri tempi con quei piatti della batteria spazzolati. E' anche questo Chuck, per chi non lo sapesse: un fine intrattenitore ben assecondato dalla chitarra di Tony Gilkyson, che ha suonato per anni negli "X" dopo la partenza di Billy Zoom, e dall'eccezionale drumming di Don Heffington. Fine per modo di dire, perché sempre incastrato in quella zona crepuscolare e catarrosa tra Captain Beefheart e Tom Waits come dimostra benissimo in "Novade Nada" e in "Another Drunken Sailor Song".

Ma in realtà Chuck è qui a ricordarti di non prenderlo troppo sul serio e allora via al tripudio di vocine che rendono "Room With A View" simile ad un blues doorsiano da manicomio e "Piccolo Pete" un country cantato da una cagata di cowboy con le emorroidi.

No Chuck, nemmeno stavolta hai messo la testa a posto e io non ti voto perché so che te ne sei sempre sbattuto del giudizio degli altri, figurati del mio.

E alla fine, anche se non assomigli fatto a Laura Antonelli, non mi resta che dirti... grazie Zio!

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