Colpo di coda della fondamentale quanto misconosciuta formazione Heavy / Epic Metal chiamata Cirith Ungol, "Paradise Lost" venne dato alle stampe nel 1991, sotto la Restless Records. Quest'etichetta, oltre ad aver ostacolato in ogni modo la realizzazione del disco penalizzando mixaggio, qualità di registrazione e bistrattando la band stessa disinteressandosene, successivamente si è rifiutata di ristamparlo; visto che la tiratura del '91 era di poche migliaia, il fatto ha reso ogni copia dell'ultimo lavoro dei Cirith Ungol un raro quanto pregiato pezzo da collezione. Si fa sentire molto anche la mancanza della mefistofelica chitarra di Jerry Fogle, rimpiazzato da un tale Jim Barraza, e dello storico bassista Michael Flint, sostituito da Vernon Green: a causa di questo la "lead guitar" nell'album non eguaglia gli illustri precedenti del quintetto californiano, ed il basso risulta professionale, ma anonimo.

I Cirith Ungol tentano, per l'ultima volta e con esito fallimentare, a raggiungere la tanto sospirata fama che tanto si sono meritati con la loro pluridecennale carriera; stilisticamente, e nonostante le difficoltà, "Paradise Lost" rappresenta il punto più Epic, più impegnato, più carico di pathos della loro discografia. Si potrebbe dire sia il degno epitaffio ad un genere che, nei suoi canoni classici, stava in quegli anni avviandosi alla morte, seppellito da Grunge e musica alternativa assieme a molti altri. Purtroppo, il disco uscì nell'indifferenza generale e venne riscoperto solo di recente. L'opener è il coinvolgente inno "Join The Legion" , che rappresenta la classica cavalcata epic , interpretata con passione da un Tim Baker alla voce stridulo ed energico come sempre. Il secondo passo viene lasciato alla tenebrosa e cadenzata "The Troll", forte di un riff potente e di un'atmosfera che ricorda per molti versi i lavori di "Frost and Fire". Quindi segue una magnificamente eseguita cover di Arthur Brown, "Fire", simpatico tributo al singolare quanto poco noto cantante psichedelico inglese. Meritevole, a dir poco. In "Heaven Help Us" si riprende il tema della cavalcata epica, che solo grazie alla grande bravura del gruppo riesce a non annoiare; cavalcata arricchita dalla sperimentazione, in quanto Baker canta pulito (!), abbandonando per un poco il suo inimitabile timbro roco e stridulo regalando all'ascoltatore una piacevole sorpresa. Seguono due canzoni riempitive "Before The Lash" , e "Go It Alone": quest'ultima rimane, seppure meno impegnata, un punto interessante dell'ascolto, in quanto completamente diversa da tutte le altre, e con uno stampo melodico che rasenta l'Hard Rock commerciale anni '80.

Dalla traccia no.7 in poi, la punta di diamante del CD viene alla luce, e brilla di tutto il suo sulfureo splendore: si tratta di tre canzoni , si potrebbe dire tre atti, tutte legate tra di loro ed ispirate al poema (poema epico , manco a dirlo!) di J.Milton che dà nome all'album. "Chaos Rising" è indiscutibilmente un capolavoro dell'epic metal, di una espressività coinvolgente: tra cavalcate chitarristiche, arpeggi e crescendo di potenza e atmosfera, i Cirith Ungol ci conducono per 8.42 minuti attraverso le porte del misticismo in musica. Secue l'altrettanto epica "Fallen Idols", che succede degnamente al brano precedente senza lasciare che l'atmosfera appena creata si dissipi. Decisamente più lineare e meno veloce. Chiude la parentesi epica la title-track "Paradise Lost", uno dei migliori pezzi della band, che, pur essendo elogiata a destra e a manca dagli estimatori, personalmente trovo meno imprescindibile del primo atto. Canzone comunque meravigliosa, caratterizzata da un crescendo d'epicità di stampo U.S.A. che pare catapultare all'interno dei versi del poema stesso.

 Per concludere, un album degno dei precedenti, in grado di lasciare in noi il ricordo di una band che non calcherà mai più un palco, una band che mai si è venduta, ha gettato la spugna, e che mille volte più di molti altri complessi Epic avrebbe meritato notorietà e riconoscimenti. Solo la morte di Jerry Fogle ha impedito la reunion e li ha fermati. Chiudo la recensione con una proposta: provate a leggere Milton mentre nello stereo scorrono questi brani, e prestate attenzione a ciò che provate.

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