Ora, nel 1997 io avevo 12 anni e di certo non mi sarebbe mai interessato vedere uno show televisivo del venerdì sera dal titolo "Anima mia" (benchè fosse un successo senza precedenti, o quasi) con padrone di casa Fabio Fazio e come fedele compagno d'avventure quel bietolone di Claudio Baglioni. Oltretutto, per quanto fosse uno show divertente e a tratti comico, era una commemorazione nostalgica del mondo musicale, cinematografico, culturale, sociale e ludico degli anni '70, che, appunto, il sottoscritto non aveva vissuto e che, a 12 anni, nemmeno conosceva (li avrebbe conosciuti, attraverso letture, studi e affini, qualche anno dopo). Ma cosa cacchio fosse un Viewmaster a quell'età non puoi saperlo, nè tantomeno l'esistenza di un filmaccio trascurabile come "Amore in Formula 2" (ma qualcuno, seriamente, se lo ricorda?).
Ebbene, da quella trasmissione venne tratto un CD, "Anime in gioco". Pare che vendette bene, pare. Io l'ho ascoltato un mesetto fa per la prima volta, spinto da una promozione a 3 euro (dico 3 euro) al mercatino dell'usato. Vabbè, tanto al massimo avrò perso pochi spiccioli. Lo ascolto in macchina, in un viaggio Milano-Como. Traffico assurdo, ma il disco mi piace. Mi piace molto. Penso, sarà il traffico, metti che avessi ascoltato il The Best Of di Al Bano magari, piuttosto che sclerare, mi sarebbe piaciuto lo stesso. Lo ascolto a casa, con comodo, e mi piace anche di più. Giungo, vieppiù, alla conclusione che trattasi della cosa migliore firmata Claudio Baglioni. Lo so, sembra strano, ma è così.
Intanto non canta canzoni sue. E già mi sembra molto. E poi l'idea di base è riuscitissima, far cantare al suddetto bietolone qualsiasi cosa uscita negli anni '70 con la sua classica voce lamentosa e con quel pathos che, ecco, non ti aspetti in "Heidi". Cioè, sentire Baglioni declamare con aria (quasi) sofferta strofe memorabili come: "Gli amici di montagna, Mu Mu, Cip Cip, Be Be" non ha prezzo, soprattutto visto il trasporto emotivo con cui, codeste strofe, egli canta. Ma ciò che più sorprende, e qui mi faccio serio, sono gli arrangiamenti musicali che sono di livello impressionante, e che, forse, avrebbero meritato ben altra sorte, ma è una mia idea. Ci sono alcuni momenti che lasciano, letteralmente, a bocca aperta, viste anche le numerose collaborazioni presenti. Ne cito qualcuna alla sanfasò, come direbbero in Sicilia: "E la vita, la vita" con un Enzo Jannacci, a dir poco, scatenatissimo; l'allegra felicità di Vecchioni in "Donna Felicità"; Cocciante che in "Pippi Calzelunghe" rifà sé stesso in "Margherita"; Alan Sorrenti che rimette a posto e migliora la sua "Figli delle stelle"; "Orzowei" in cui compare una Natalia Estrada che se avesse, probabilmente, intrapreso la carriera di cantante al posto di perdere tempo appresso al materassaio Mastrota avrebbe avuto un discreto successo (qui è notevole, ascoltare per credere).
Diciamo pure che alcune intuizioni musicali sono notevoli: "El Pueblo Unido" con gli Inti Illimani è un pezzo di bravura da entrambe le parti, ma la svolta disco-dance anni '90 di "Vieni via con me (Taratapunzi-e)" lascia stupefatti, così come due pezzi seri che mettono i brividi, "Anima mia", rifatta benissimo levando via tutti i clichè e i coretti tipici dei Cugini di Campagna, e il duetto eccezionale (qui veramente vale la pena ascoltarlo) de "Il nostro concerto" di Umberto Bindi con Orietta Berti che, pure lei, azzecca la cosa migliore di tutta la sua carriera (l'unico brano dell'album non anni '70, bensì anni '60, e già la canzone era bella bella di suo).
Si conclude con il tema morriconiano di "Giù la testa", dopo essere passati da "Chissà se va" a "Buonasera dottore", da "Sandokan" all'immancabile "Ufo Robot".
Unica nota negativa, ma vabbè, in caso contrario sarebbe stato un capolavoro, la versione completamente sballata di "Na-no Na-no" con un petulante Fabio Fazio impegnata a interrompere il brano con alcune imitazioni (in fondo, nasce come imitatore) da Jovanotti a De Gregori, da Gianni Minà a Guccini, che sono anche fatte bene, per carità, ma dopo un po' anche stop.
Un disco che vuole raccontare quella mitica, e oggi per me rivalutatissima, trasmissione televisiva, occupando tutta la durata effettiva di un CD, cioè un ora e venti, 20 canzoni 20, e, all'epoca, 350.000 copie circa vendute (probabilmente si superò la cifra delle 400.000). Numeri eccellenti, dato che Baglioni mai aveva realizzato un disco di cover, e il primo esperimento era a metà tra il serio e il, molto, faceto. Eh sì, è il Baglioni migliore. Chi l'avrebbe detto? Io no.
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