Certo che per mettere in piedi un'operazione del genere, se va bene, bisogna essere perlomeno moderatamente squilibrati.
E non mi riferisco tanto al fatto in sé di coverizzare integralmente un lavoro altrui: non sono stati certo i primi a tentare una cosa del genere e (spero) non saranno neanche gli ultimi.

Il fatto diciamo "grave" è che qua ci troviamo al cospetto di un assoluto frammento epocale, di quelli che volontariamente o meno, hanno fatto la storIa delle "nostre" musiche preferite di tutti i tempi. Di quelli con la I maiuscola, per capirci.


Un Menhir.
Un Monumento.
Un Must
Un Totem.
Un, inzomma.

E il rischio di "farsi male" col maneggiare una materia urticante del genere è davvero cospicuo e tangibile.

Ebbene: l'omaggio di questi indie-punk rockers Californiani (edito nel 1991 per una misconosciuta etichetta: SFRI) è francamente fantastico!

La integrale rilettura del primo lavoro sulla long distance - risalente alla fine degli anni settanta - dei mostri partoriti dalla mente agitata e vulcanica di Mark Mothersbaugh e soci non solo non fa rimpiangere l'originale - e già questo sarebbe un discreto canestro da metà campo - ma è proprio una assoluta gioia per le orecchie:
e non credo solo per quelle del fanatico/completista o della "ristretta" cerchia degli appassionati del mitologico gruppo di Akron che sanno a memoria ogni singolo interstizio di questo disco.

Ovviamente la scaletta, ça va sans dire, viene ribadita in rigorosa maniera uniforme all'originale.

Ciò che, diciamo così, "aggiungono" i Claw Hammer è quel pizzico di urgenza indie-punk in sede esecutiva e una più aspra - ma neanche poi tanto - veemenza figlia degli anni in cui questo disco è stato pensato e registrato e che forse per motivi anagrafico-strutturali non avrebbe potuto esistere nell'originario e disperso 1978.

E così ecco passare allegramente in rassegna autentici e immarcescibili pezzettoni di storia: la cover della cover di "Satisfaction" è qualcosa di inenerrabile.
Per non dire della mitologica "Uncontrollable Urge", lo spettacolare dittico "Mongoloid/Jocko-Homo", la rovinosa "Gut feeling".. ci sarebbe da citarle tutte.
I brani vengono "rigenerati" dal trattamento dei californiani senza perdere neppure un'oncia della meravigliosa carica e del fascino originale del disco che fù.

Insomma: lo si sarà capito.
Il disco proprio non mi è piaciuto.
Anzi: non mi piace(va) neanche l'originale.

Ecco.

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