Precipitare in un altro tempo (im)possibile.
Pensare, commuoversi, piangere, sorridere. E piangere ancora. Sollevati. Consapevoli che qualcosa di impercettibile ci ha cambiati dentro.

Questo accade leggendo il romanzo di Lem Stanislaw. Uno dei libri cardine della civiltà occidentale. E accade di nuovo nell’interpretazione per immagini proposta da Tarkovskij. Meraviglia ripetuta nella versione differente di Soderbergh. Merito in buona parte delle musiche di Cliff Martinez. Autore di un flusso sonoro ipnotico e germogliante. Etereo. Avvolgente. Emotivo. Merito del suono prodotto dal Gamelan. Strumento orchestrale indonesiano. Merito della fonte d’ispirazione primaria. György Ligeti pianista ungherese ultrasensibile. Merito di una elettronica rarefatta e compiuta. Ideale compagna di un viaggio proiettato su Solaris. Luogo dall’intelligenza incomprensibile. Luogo infantile aperto al nostro inconscio. Dal primo sonno. Fino a quando le acque del fiume Lethe saranno consumate. Sciolte insieme ai nostri sensi di colpa, ai dolori e alle paure. Fino a quando nessun scienziato potra dire: Noi non vogliamo altri mondi, vogliamo degli specchi.
Allora saremo liberi di riscattarci. Di pensare nell’altro mondo. In quello che si percepisce guardando o ascoltando questo film.

"And death shall have no domain".
Dylan Thomas

p.s.: Stanislaw Law è scomparso il 27 marzo 2006. I suoi libri hanno venduto più di 27 milioni di copie e sono stati tradotti in più di 40 lingue.

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