Proviamo a sognare. Del resto non è forse il cinema l'arte del sogno?

Immaginiamo che il Kowalski di "Punto Zero" (Vanishing Point, 1971) lanciatosi con la sua Dodge Challenger contro i bulldozer del posto di blocco della polizia, che tenta di fermare il suo tentativo di fuga dalla società nonché di affermazione della propria libertà individuale, non sia morto. Che fosse stato tratto in salvo dalle fiamme e dopo una breve degenza incarcerato per qualche anno, in fondo non aveva ammazzato nessuno. Sappiamo che quel Kowalski, il reduce della sporca guerra, sorridendo era andato di proposito incontro alla fine perché la sua fuga esistenziale era diventata impossibile. Una volta fallita anche quella fisica non gli resta che adattarsi alle regole della società costituita: un lavoro in fabbrica alla Ford, una casetta bipiano in periferia, una moglie, dei figli.

 Questo Kowalski (Gran Torino, 2008) adesso è un vecchio in pensione ed ha la faccia scolpita nella pietra, quella di Clint Eastwood. Ha appena perso la moglie, vive da solo in quella casa e per i figli ormai sposati è un problema. Parla ancora poco come quasi quarant'anni fa e in tutto questo tempo la vita stereotipata lo ha trasformato, come spesso accade, da contestatore a conservatore. Odia tutto della modernità attuale, i giovani preti che predicano non sapendo niente della vita e della morte, i figli e i nipoti maleducati ed approfittatori, i musi gialli che infestano il quartiere. Ama la sua Ford Gran Torino del 1972 perché forse gli ricorda la Dodge distrutta nell'impatto, il cavallo pazzo che doveva portarlo verso la libertà. Quella di adesso, la libertà che gli è concessa dalla falsa e ipocrita società americana, consiste nella sua casa e il pezzo di giardino che gli sta attorno. E' un solitario che afferma nell'isolamento la propria dignità di "uomo libero".

Oppure è la paura di sentirsi coinvolto? Di condividere veramente con qualcuno che lo meriti? Questo qualcuno sarà il giovane Taho, il disadattato vicino asiatico vittima assieme alla famiglia della prepotenza dei suoi stessi connazionali, una banda di malviventi. Per liberarsi della paura di cadere occorre veramente cadere, e quello che non gli era riuscito quarant'anni prima con la Dodge lanciata a velocità folle contro la barriera, gli riuscirà adesso con calma usando un'arma che non esiste: due dita puntate a forma di pistola contro il nuovo ostacolo.

  Adesso Kowalski è finalmente libero.

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