Che la Germania avesse una delle scene più importanti nel panorama black metal non era certo una novità, ma che avesse delle mire "espansionistiche" anche nei confronti del movimento Depressive è una novità di questi ultimi anni; tra i blasonati nomi di Anti, Nargaroth e Wigrid (senza dimenticare alcune realtà periferiche al genere come Vinterriket e Necrofrost) è recentemente comparso anche quello del giovane Gorge Borner, mente ed unico braccio del progetto Coldworld.
"The Stars Are Dead Now" (a volte il titolo compare tutto attaccato) è l'EP che apre la carriera del gruppo, nel 2006; poco meno di trenta minuti che ricalcano in modo convincente le atmosfere più europee del filone depressive, citando i clichè di rito ma sapendo donare alla musica un alone inconfondibile, cosa alquanto peculiare per una band legata a queste sonorità.
Lo stile è inconfondibilmente legato a quello delle band citate all'inizio della recensione: manca soltanto il versante più burzumiano del black depressivo, rappresentato (sarebbe meglio dire "clonato") dal teutonico Wigrid. Le orme che Borner preferisce seguire sono quindi quelle del duo Anti/Nargaroth: pulizia del suoni, produzione professionale e assenza di ogni cacofonia preparano l'ascoltatore in modo positivo, facilitandogli la ricezione dei suoni, in contrasto con lo stato di agitazione in cui la scuola americana preferisce calare l'utente (quello che succede ad esempio con le partiture di Xasthur e Leviathan).
Se questa è la base di partenza, diverse sono le soluzioni che vengono adottate di volta in volta, passando da brani più lenti e riflessivi ("This Empty Life" e "Cancer") a pezzi in odore di thrash ("Hate"), fino alla finale "The Old Ghist In The Well", frutto di un modo di concepire l'ambient ancora molto legato agli esperimenti sui primi dischi burzumiani. Man mano che si procede nel disco risulta sempre più importante l'influenza del tedesco Anti, soprattutto nell'approccio alla sei corde: il suono è freddo e chirurgico, ma non ha niente di quel gelo nordico che ci si aspetterebbe; anzi si diletta a ricreare atmosfere un po' grigie e squallide, frutto di un panorama da centrale elettrica più che da fiordo norvegese.
Bisogna dire che questo lavoro si mantiene su coordinate stranamente alte per essere un'opera prima: la qualità dei singoli brani è sempre ad un livello superiore, e ala capacità di saper modellare quest'arte in prospettive sempre nuove ascia ben sperare in un futuro quanto mai interessante, se non radioso: il simbolo di questo approccio è certamente la penultima "Suicide", con le sue atmosfere sognanti, eteree e profondamente malinconiche (l'apertura sembra rileggere i chiave più metallica partiture tipicamente Dark Wave).
Ma il gioiello del disco è certamente all'iniziale "This Empty Life": voce tagliente in uno scream effettato e disilluso; ritmo lento e solenne; chitarra in secondo piano, morbida, placida. Il vero punto di forza tutto nelle partiture tastieristiche, incentrate una volta tanto non su cori campionati e campane da morto: violini, viole e violoncelli ricamano tessiture celesti, tanto lievi per l'orecchio quanto pesanti per l'anima; la musica sembra suggerire un paesaggio meno disperato delle altre release Depressive: immersi tra le statue ed il verde di un cimitero isolato, entriamo in contatto con i grandi angeli in marmo, bianco, con i mosaici dorati, con l'edera rampicante, la rugiada delle lapidi all'alba; e speriamo che un giorno tutto questo sia nostro, e ringraziamo che esista questo disco a rendercene testimonianza.
Se solo....
Deathinaugust 09/08/198x - 03/10/2007 Amico, figlio, fratello. Possa la tua anima essere sempre con noi."
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