Questo album, così come gli altri del Consorzio Suonatori Indipendenti, è già stato ampiamente recensito. E' necessaria un'altra recensione (e soprattutto la mia)? Per il pubblico (e, soprattutto, per gli amanti dei C.S.I.) direi che potrebbe risultare superflua. Per me, invece, assume il significato di un doveroso ringraziamento: all'album, che mi ha fatto conoscere la musica di questo gruppo, e a Ferretti, che mi ha emozionato (e talvolta sconvolto) con i suoi testi e la sua interpretazione vocale.
"In quiete" è il secondo album dei C.S.I., gruppo sorto dalle ceneri dei CCCP, nuovo espediente musicale della coppia Ferretti-Zamboni. Si tratta di un live, prevalentemente acustico, che a prima vista appare diametralmente in antitesi con l'irriverenza punk dei primi CCCP.
Siamo nell'Anno Domini 1994, e Ferretti è da poco entrato negli "-anta": basterebbe questa semplice constatazione per comprendere quanto risulti coerente, o semplicemente necessario, questo cambio di direzione, quest'esigenza di ripiegamento interiore, questa ricerca di atmosfere più quiete. Se poi si analizza la storia dei CCCP, risulta ancora più chiaro che questo presunto "cambiamento" sia stato in realtà costante e graduale. A livello strettamente musicale, in realtà, il primo album del Consorzio è stato "Epica" del 1990, quando entrarono stabilmente a far parte del gruppo gli ex Litfiba Maroccolo e Magnelli. Più che un brusco cambio di direzione, preferisco pensare al percorso musicale di Ferretti come ad un progressivo spostamento (innalzamento?) del punto di osservazione occupato dall'autore. Del resto, come diceva l'antico Eraclito, "panta rei".
Si avverte profonda quiete in questo album, ma non relax (come scrive lo stesso Ferretti). L'incipit è dato dal piano di Magnelli, che disegna serene armonie, quasi notturne, nel brano "In viaggio", a cui si contrappone l'incedere lento e funereo della voce di Ferretti. "Inquieto" è invece un inedito, giocato sul dialogo armonico tra il canto quasi parlato di Ferretti e il controcanto leggero della Di Marco. Ancora protagonista, così come nel successivo "Memorie di una testa tagliata", è il piano di Magnelli: si respira un' atmosfera che può ricordare i Sigur Ros che verranno. Il clima cambia improvvisamente con "Stati di agitazione" e "Palpitazione tenue", tanto angosciante la prima quanto clasutrofobica la seconda. Non c'è nessuna speranza nell'urlo di Ferretti che declama "... Eppure sono vivo!", ma solo rabbia e impotenza. Rassegnazione che si respira anche nel testo di "Occidente", accompagnato da una musica di reminiscenze gitane. Il vertice dell'album viene raggiunto con due vecchie perle dei primi CCCP, una veloce e leggera versione di "Io sto bene" e una scarna e quasi irriconoscibile "Allarme". Segue quindi una splendida cover di "Lieve" dei Marlene Kuntz (cui seguiranno, nei dischi successivi, le ancora più straordinarie cover di "E ti vengo a cercare" e "Noi non ci saremo"). Si riesce a tirare il fiato con i ritmi più distesi di "Fuochi nella notte" e di "And the radio plays". L'album si chiude quindi con una bellissima versione di "Del Mondo", con il pianoforte ancora protagonista.
In ultimo, visto che in definitiva stiamo parlando di Ferretti, vanno sottolineati gli straordinari testi: geniali, visionari, ermetici, talvolta folli. Insomma, in una parola, ferrettiani. Ferretti ha saputo, come forse solo De Andrè e Guccini prima di lui, coniare slogan generazionali. "Io sto bene/io sto male/io non so come stare" è una perfetta sintesi delle liriche di Ferretti: tanto geniali quanto semplici e (forse volutamente) banali. Ma, in realtà, nessuna parola sulla bocca di Ferretti riesce ad essere banale. La sua interpretazione, fredda, monotòna, talvolta afona, costantemente abulica, riesce ad evocare come nessun'altra il vuoto, l'angoscia e la disperazione. In ogni brano, anche quello dal testo apparentemente più bislacco, come ad esempio "Palpitazione tenue", è presente una piccola frase-perla: "Mi ammalia credo una necessità perdente".
In conclusione, un album assolutamente indispensabile nella discografia di un amante dei CSI. che, grazie ad un suono più levigato e avvolgente rispetto al resto della produzione del gruppo, può essere apprezzato anche da un pubblico più vasto.
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