Se la forma anticipa il contenuto… quella mano recisa nel vuoto di uno sfondo noir è l'annuncio funereo della negatività assoluta cui ci si appresta al momento dell'ascolto di questo monolite della noise-art postmoderna.

Perchè la deflagrazione sonica dei bostoniani Converge, alla loro prima uscita per quelli della Epitaph, è organica e tribale, sanguigna e pura come l'alba.

"First light" ci introduce gelida e distorta in un vicolo emotivo di rara violenza, sprigionata in serie dalle successive cinque tracce. Non è facile ascoltare per intero questo album. E' un'avventura estrema che costringe ad una costante, dolorosa, apnea. Lo screaming di Jacob Bannon è follia incontrollata, ancor priva di eguali nell'onestissimo panorama musical-sotterraneo odierno.

Ad una chitarra lancinante si unisce una sezione ritmica cupa, primitiva, "mastodon-tica", che riporta gradevolmente al ricordo dei fasti infernali di gruppi quanto mai seminali per il movimento post-hardcore; Neurosis, Cult of luna, Isis, Callisto. Ma i Converge sono unici. Sono metallici senza metal ("Black cloud"), grezzi e chirurgici ("Drop out"), cerebrali e maligni ("You fail me"), selvaggiamente acustici ("In her shadow").

Consigliatissimo a chi va cercando l'estremo oblio, senza logica nè metrica, ma con l'abnegazione a-commerciale e l'integrità artistica di un gruppo che scende a compromessi solo con la propria, urgente, rabbia. Un'esperienza musicale tragica.

Che si subisce con gioia.

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