Non facevo idea del contenuto di questo film e ho deciso di concedergli la mia visione dopo aver apprezzato la locandina e essere tratto d'inganno dal fatto che potesse centrare qualcosa con Thelonious Monk.

In realtà, si tratta di una pellicola che, per mia sorpresa, affronta un tema da me molto sentito; l'inclusività.

E se le tamatiche lgbtq+*xyz, sono lasciate a margine, i riflettori vanno sulla minoranza dalla pelle nera nel contesto nordamericano.

La forza del film sta nella sua sceneggiatura, semplice e efficace nel svelare le ipocrisie di un inclusione solo di facciata, una vetrina dove esporre lo spettacolo dei drammi del popolo nero, una vetrina dove vendere disagio per pagare la riparazione al razzismo della borghesia bianca.

Tematiche molto delicate affronate con tatto, dialoghi intelligenti, umore sottile e mai sarcastico, personaggi convincenti e ben aprofittati nella narrazione complessiva.

Tematiche che vivo personalmente nel mio quotidiano e che non erano presenti fino a qualche anno fa. Essendo praticante da molto tempo di un'espressione artistica afrobrasileira, oggi come mai mi sento messo a lato; uomo bianco europeo, colonizzatore, privilegiato.

Riparazione, riparzione.

Non è una situazione confortevole, mi ci giostro tirando l'utile per la mia esperienza di vita. Ho consapevolezza che non è nulla in confronto alle discriminazioni che i miei amici neri soffrono e che io, da uomo bianco non posso percepire. Ho grandi difficoltà però, a comunicare il fatto che esiste una cerchia di miliardari che finanzia i movimenti identitari, non sopporto questa contraddizione e il fatto che molti organismi usino agende dalle nobili finalità per eseguire progetti che hanno tutt'altro scopo.

Queste difficoltà il film le supera con facilità mostrandoci la vera faccia di una delle tante ormai finzioni americane a cui molti purtroppo credono ancora.

E come sempre la chiusura non so come farla, perchè il finale è troppo importante. Magari chiedo consiglio.

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