Era il lontano Natale del 1996, e in quella fredda mattina, svegliatomi di corsa per andare ad aprire i regali, sotto l'albero addobbato... Mi innamorai per la prima volta.

Ero a malapena un ragazzino, appena approdato alle scuole medie, eppure quando vidi quella copertina, profilarsi mentre scartavo uno dei miei pacchetti multicolore, ebbi un piccolo fremito. Non era stato davvero amore, ma più che altro un contatto empatico talmente forte che mi lasciò scosso. Ero sempre stato un grandissimo appassionato di Spielberg e del suo Indiana Jones, tanto da mascherarmi come il grande archeologo a Carnevale, e inventare ipotetiche corse alla reliquia nel cortile di casa... Eppure quella bellissima ragazza, che mi aveva portato subito Indy alla mente... Aveva su di me molta più presa...

Non posso certo affermarlo con assoluta certezza, ma forse è questo tipo di sensazione, che si è magari ripetuta in milioni di case, la motivazione alla base del successo di Tomb Raider o meglio, di Lara Croft.

So solo che provare quel gioco diventò la mia prerogativa e che mi misi di punta, tirando giù Dio solo sa che caciara, per poter portare la Play da mia nonna dove avveniva il consueto pranzo con i parenti. 

E una volta accesa la mia scatoletta grigia per me naque un nuovo mito. Punto. Da lì in poi, non ce ne fu per nessuno. Anche se appassionato di moltissimi dei capolavori successivi che approdarono alla macchina Sony, e nonostante l'evidente declino che questa saga ha avuto nel corso degli anni, Tomb Raider ha sempre avuto un posto nel mio cuoricino di videogiocatore che difficilmente ho riservato ad altri titoli.

Tomb Raider fu infatti per me come per il mondo intero un cambiamento radicale in ambito videoludico.

Ma innanzitutto lo fu a livello mediatico. Mai infatti prima di allora un personaggio femminile era stato in grado di catalizzare l'attenzione alla maniera di Lara Croft. Non ci volle infatti molto tempo prima che i media la elevassero ad icona della cultura Pop degli anni 90, e anche chi non si era mai avventurato per i labirinti poligonali del videogame sapeva chi era. Lara era un diverso approccio alla figura femminile, non più una figura da salvare o al massimo una con cui dividere la scena, ma una protagonista assoluta in grado di ridicolizzare e distruggere la figura del macho che aveva sempre caratterizzato il panorama videoludico mondiale dei giochi d'azione, forte di un grande carisma e di un'incredibile faccia tosta. E un elemento infinitamente più bello da guardare durante i vagabondaggi per le tombe digitali che ci trovavamo ad esplorare rispetto ad un qualunque muscoloso Indiana. Lara era l'affermazione del Girl Power che tanto andava di moda allora, anche in un settore dove le ragazze non erano mai state molto partecipi.

Ma questo è infine solo l'aspetto più marginale di un prodotto che al tempo si rivelò tecnicamente impeccabile.

Il gioco era un'action game nel quale eravamo invitati a esplorare una serie di antiche tombe e templi dimenticati dal tempo, completamente realizzate in tre dimensioni, e di dimensioni praticamente sconfinate. Ogni ambiente era strutturato secondo uno schema a blocchi, con il quale era costruito l'intero sistema di salti alla base di uno degli aspetti più belli del gioco. Infatti Tomb raider era un mix di elementi... Un po' platform, un po' adventure, un po' action, era un cocktail pressochè perfetto, in grado di catalizzare l'attenzione per ore e ore in un crescendo di salti, capriole, sparatorie, tuffi e puzzle solving.

La cosa più bella di questo titolo erano sicuramente le ambientazioni e le azioni legate alla loro esplorazione. Penetrare all'interno di un'ambiente e vedere profilarsi delle antiche rovine mentre la musica saliva alta ed evocativa più che mai, magari dopo essere appena riemersi dall'acqua, non aveva prezzo, nè c'era in giro qualcosa di simile. E analizzare l'ambiente per giungere alla conclusione che bisognava salire su quella piattaforma, poi effettuare un doppio salto a quell'altra, per poi scivolare su quella superfice, per poi aggrapparsi a quella sporgenza... Beh, era un processo deduttivo non subito raggiungibile, costringendo l'utente ad andare spesso per tentativi. Inizialmente poi, se non si capiva lo schema dei salti a blocchi era difficile capire come muoversi. Infatti le azioni erano precisissime, e i salti vertiginosi erano calcolati al millimetro. Si doveva memorizzare immediatamente che un salto da fermo equivaleva ad un blocco, che quello con rincorsa a due e via di questo passo, portando il giocatore a una piena conoscenza delle doti fisiche di Lara, e a quello che poteva o non poteva fare in relazione all'ambiente circostante che offriva quindi un'interattività mai vista prima. Ma una tale conoscenza non salvava la nostra eroina da morti continue. L'avrò vista atterrare al suolo, con consueguente macabro suono di ossa spezzate, almeno un milione di volte.

Anche gli enigmi risultavano davvero ostici. Anche se la maggior parte era assimilabile al "trova la chiave per aprire la porta", le sfide che venivano proposte risultavano oltremodo avvincenti, giocando la carta della suspanse in continuazione. Raccogliere una chiave da dei tunnel sottomarini con l'ossigeno che scarseggia, o cercando tra i fondali la giusta leva per aprire una porta o ancora un salto verso una fessura nel muro dove si nasconde quell'interruttore apparentemente irragiungibile, erano elementi che iniettavano adrenalina a mille. A questo tipo di puzzle solving, si aggiungeva la crezione di passaggi o piattaforme attraverso lo spostamento di innumerevoli massi o blocchi, fase meno concitata, ma ottima per respirare un po'. Altro elemento non poco incisivo da questo punto di vista era la vastità delle ambientazioni.... Provate voi a trovare una singola chiave in un'intero tempio inca, per di più considerando che per la prima volta i livelli si stratificavano su più piani!!!! 

La componente action era invece minima, ma sufficente a costringere il giocatore a tenere gli occhi ben aperti durante il suo girovagare, pronto a difendersi da una miriade di bestie feroci o di esseri umanoidi, a suon di pallottole e salti mortali. Considerando che l'amosfera era uno dei punti chiave di questo prodotto, che contava sul senso di solitudine e smarrimento, è impossibile non notare come alcuni assalti erano in grado di scuotere quasi alla maniera di un survival horror (qualcuno ha detto il T-Rex?!?). Il sistema di puntamento era automatico (Lara puntava l’avversario più vicino), e permetteva di tenere il nemico sempre sotto mira, indipendentemente dai salti e dalle capriole che Lara effettuava per scampare ai colpi avversari.

Graficamente il gioco era uno spettacolo per i tempi (tranne le tette di Lara, che erano due triagoli a dir poco minacciosi :) ). Tutto era perfettamente modellato, e perfettamente credibile, con uno studio delle texture estremamente buono, anche se spesso queste sparivano se esaminate troppo da vicino o apparivano pixellose e sgranate. Le animazioni di Lara erano sublimi, qualcosa di assolutamente inimmiginabile, tanto da stupirmi piacevolmete ancora adesso se paragono questo titolo con alcuni gioconi suoi contemporanei (Resident Evil per esempio). Perfettamente "umane", perfettamente in linea con il personaggio.  Anche la storia era ottima, ed in grado di infondere la giustà curiosità, necessaria per spingere il videogiocatore ad andare avanti per vedere cosa potesse succedere dopo. La parte musicale era oltremodo pregevole, con musiche coinvolgenti ed evocative, in grado di sottolineare perfettamente ogni passaggio.

Pochi i difetti. Uno di questi era sicuramente il sistema di salvataggio, effettuabile solo in rarissimi punti all'interno del gioco. Questo aspetto rendeva ogni passaggio un vero problema in caso di fine prematura. Rifare infatti grandi porzioni di livello era abbastanza frustrante, ma personalmente questo non faceva altro che spingermi ad una più calma pianificazione e calibrazione di salti e tuffi.

Gli altri appunti che potrebbero essere mossi alla creatura di casa Core Design erano sicuramente il fastidioso incastrarsi di Lara in alcuni elementi dello scenario, il frame rate che qualche volta calava, e qualche sbavatura generale a livello grafico (come la bidimensionalità degli oggetti per esempio), ma nulla che inficiasse la splendida esperienza che il titolo Eidos offriva.

Personalmente so bene che Tomb Raider è uno di quei titoli che ha cambiato la concezione di videogioco stesso. Ma so anche bene quante persone l'hanno odiato in ogni sua incarnazione. Personalmente lo trovo una pietra miliare sotto ogni aspetto, e il voto che gli ho dato non può non identificare l'amore che nutro per questo prodotto. L'unica cosa che posos dire con certezza è che va provato. Chiunque non abbia mai avuto questa possibilità DEVE avere un contatto con il mondo di Lara. Poi magari si girerà disgustato verso la mia recensione e mi manderà al diavolo... Ma almeno potrà dire di aver giocato ad un pezzo di storia..

Carico i commenti...  con calma